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Scheda 2.3.1 Scheda documentale: La morte di Rodolfo Liechtenstein

… vien dentro in chiesa a salti un cavallo portante in groppa un superbo condottiero imperiale che dà di spada attorno ed urla comandi … L'animale pesta, s'impenna incappa in corpi umani ad ogni levar di zampe …. sta per schiacciare un povero Svizzero ch'è in terra ferito …. Lo Svizzero giacente … aveva rinvenuta forza per far fuoco di pistola sotto il ventre dell'animale …

Svizzeri e volontari asserragliati all'interno del santuario combatterono fino all'ultimo. Gabriele Fantoni nel suo libro "L'assalto di Vicenza" raccontando la fine di Augusto, uno dei protagonisti del suo romanzo, ricorda che " Svizzeri, Crociati e Tedeschi, stretti corpo a corpo colle baionette, colle daghe pestando e riversandosi a rinfusa sui corpi sanguinosi degli agonizzanti e dei morti con l'odio più accanito, con l'ultima disperazione si feriscono, si straziano, si uccidono" . Il pittore vicentino Achille Beltrame fu particolarmente colpito dalla vicenda del principe di Liechtenstein che, penetrato a cavallo nella chiesa alla testa dei suoi uomini, venne ferito da uno dei difensori. Sembrava una ferita leggera, lo ricorda lo stesso Radetzky "colpito alla testa da una palla di rimbalzo, in sulle prime parve non vi fosse alcun pericolo; ma il giorno appresso si manifestarono sintomi inquietanti a segno che dopo poche ore era fatto cadavere. Era egli il più giovine di un casato che mai mancò quando trattossi di dare il sangue e la vita per la patria ".

Penetrati all'interno della chiesa i soldati austriaci, fanti cacciatori e confinari, secondo il racconto di alcuni frati, si dedicarono alla distruzione ed al saccheggio di quanto poteva venir asportato.

Resta da risolvere il giallo del quadro. Il professo padre Ferdinando Maria Mantovani ricorda che l'undici giugno " non ancora le cinque della mattina quando entrammo nel Refettorio vidi i quadri che erano intatti" mentre tutte le fonti austriache sono concordi nell'affermare che il quadro venne distrutto nel corso dei combattimenti "si combatte in chiesa, gli obici e la mitraglia distruggono il capo d'opera di Paolo Veronese, il sangue scorre". D'altra parte anche Luigi Manetti quando ricevette in consegna dal generale austriaco von Culoz i frammenti del quadro redasse una dichiarazione secondo cui "erano in tal stato ridotti per la difesa fatta al convento dai combattenti". Forse si volle fare della distruzione del quadro un simbolo della brutalità austriaca: certo è che quando, nel marzo 1812, l'opera di Paolo Veronese "La cena di papa Leone Magno" assieme a molte altre tele venne trasportata a Milano per arricchire i musei napoleonici, nessuno apri bocca per protestare. Solo la sensibilità dell'imperatore Francesco I, nel 1816, fece sì che il quadro ritornasse al suo posto.

INDICE:
Itinerario 2.3: Monte Berico
La morte di Rodolfo Liechtenstein
La conquiste del Santuario