UNA LECTIO MAGISTRALIS DEL PROF. GIANFRANCO PASQUINO INTRODURRA' LA CERIMONIA DI PREMIAZIONE DELLA SECONDA EDIZIONE DEL PREMIO GALLO
Sabato 14 ottobre, con inizio alle ore 10.00, si terrà a Palazzo Leoni Montanari di Vicenza (sede delle attività culturali e museali di Banca Intesa) la premiazione dei due vincitori della Seconda Edizione del Premio Gallo, riservata ad opere di studiosi di età inferiore ai quarant'anni nelle discipline del Diritto Penale, del Diritto Costituzionale e della Filosofia del Diritto.
A questa edizione, hanno partecipato cinquantatre opere, tra libri editi e tesi di dottorato e di laurea.
La Commissione Giudicatrice, composta dai docenti universitari Lorenza Carlassare (Ateneo di Padova), Guido Casaroli (Ateneo di Ferrara) e Lucio Pegoraro (Ateneo di Bologna), ha proclamato vincitori il prof. Luigi Cornacchia dell'Università di Lecce per il volume Concorso di colpa e principio di responsabilità personale per fatti propri, edito da Giappichelli ed il dottor Davide Baldazzi per la tesi di dottorato La novità normativa tra teoria delle fonti e teoria dei conflitti.
La Commissione ha inoltre segnalato, quali opere di particolare pregio le monografie di Chiara Tripodina Il diritto nell'età della tecnica. Il caso dell'eutanasia, edito da Jovene e di Lara Trucco Introduzione allo studio dell'identità individuale nell'ordinamento costituzionale italiano, editore Giappichelli. Tra le tesi di dottorato ha segnalato quella di Carmela Piemontese, Le forme di rinuncia alla pena fra esperienze normative e prospettiva de lege ferenda; tra le tesi di laurea quelle di Luca Buscema, Operazioni umanitarie di peacekeeping e stato di guerra: profili costituzionalisti, di Maria Grassetto, La repressione penale del negazionismo, di Stefano Vaona, Un'unione di minoranze? La rappresentanza di Stati membri nella forma di governo dell'Unione europea, di Viviana Zanetti, Alla ricerca dell'araba fenice. Il concetto di nesso funzionale ex art. 68 Cost.
La cerimonia, dopo i saluti, verrà introdotta (come già nella prima edizione, con il prof. Pietro Scoppola) da una lectio magistralis del prof. Gianfranco Pasquino su un tema politico-istituzionale di grande attualità e valenza: Premierati immaginari e Primi ministri autorevoli.
Ad essa seguirà la relazione della Commissione Giudicatrice ed una breve esposizione da parte dei due vincitori della loro opera e delle attuali linee di ricerca.
La cerimonia si concluderà con il conferimento del Premio e con un rinfresco, sempre nella sede di Palazzo Leoni Montanari.
L'Istrevi esprime il più vivo ringraziamento alla dottoressa Fatima Terzo, responsabile delle attività culturali di Banca Intesa, per l'ospitalità e per l'aiuto organizzativo generosamente dato nell'organizzazione del Premio che, ricordiamo, è stato istituito per volontà della famiglia del prof. Ettore Gallo, che ne ha assicurato il finanziamento.
Il bando della Terza edizione, riservato ad opere di storia contemporanea italiana, uscirà in concomitanza alla cerimonia di premiazione del 14 ottobre.
AD OTTOBRE NELLE LIBRERIE IL LIBRO DI PAOLO TAGINI "LE POVERE COSE", EDITO DALL'ISTREVI
Con l'entrata dell'Italia nel Secondo conflitto mondiale, le autorità fasciste predisposero l'internamento per i cittadini appartenenti a Stati nemici. Fra le migliaia di persone coinvolte da tale operazione, vi furono anche gli stranieri di "razza ebraica" allora presenti nel Regno e nei territori nel frattempo occupati dall'Esercito italiano.
L'internamento civile si concretizzò nella reclusione in campi di concentramento o nell'obbligo di domicilio coatto in particolari località del Paese: quest'ultima modalità, comunemente chiamata internamento libero, interessò da vicino ben ventotto comuni della Provincia di Vicenza e più di seicento ebrei, in maggioranza trasferiti coattivamente dalla Croazia, dalla Serbia e dalla Bosnia, che ebbero a partire dal novembre '41 tale odioso trattamento. Altri ebrei presenti che condivisero l'internamento nel vicentino erano invece sia clandestini austriaci, tedeschi e polacchi, sfuggiti alla persecuzione nazista, che vedevano nell'Italia un punto di transito verso altri paesi, sia, a partire dal giugno del '40, uomini e donne di religione giudaica provenienti dal mezzogiorno e ammassati nelle province del nord. Seicento destini che, uniti, inseriscono persone, paesi, istituzioni di questa provincia veneta nel macrocosmo di quello che è stato uno dei più tragici eventi del Novecento: la persecuzione ebraica e la Shoah.
Il libro di Tagini - rielaborazione della sua tesi di laurea Gli internati ebrei nella provincia di Vicenza che il 10 giugno 2006 ha ricevuto il prestigioso Premio biennale dell'Accademia Olimpica - tratta, sulla scorta di approfondite ricerche di archivio, questo tema sinora largamente ignorato dalla storiografia.
Il libro ha la prefazione della studiosa Liliana Picciotto, una delle massime esperte di storia della deportazione ebraica in Italia, e comprende il saggio Il campo di concentramento provinciale di Tonezza del Cimone del prof. Antonio Spinelli che lo scorso anno organizzò a Castelgomberto la mostra (poi esposta in altri Comuni) sull'internamento degli Ebrei nel vicentino.
In una delle prossime news dell'Istituto, verrà dato il quadro delle pubblicazioni dell'Istrevi previste tra l'autunno 2006 e la primavera 2007. Nell'autunno 2006 è prevista inoltre l'uscita del primo numero della rivista del nostro Istituto.
Il MAGGIORE WILKINSON ("FRECCIA"): UNA MORTE SENZA MISTERI. UN NUMERO MONOGRAFICO DI QUADERNI DELLA RESISTENZA VICENTINA.
Nel 2004, lo studioso padovano Egidio Ceccato pubblicò il libro Freccia, una missione impossibile (edito dall'Istituto per la storia della resistenza e dell'età contemporanea della Marca trevigiana,) che ribaltava le voci che nei decenni precedenti avevano attribuito la responsabilità, diretta o indiretta, della morte del maggiore inglese Wilkinson - capo della più importante delle missioni alleate paracadutate nel vicentino - ai garibaldini della ŒGaremi'. Come è scritto nella quarta di copertina del libro di Ceccato "i documenti recentemente affluiti da Londra, pur non risolvendo compitamente il thriller della sua tragica fine, fanno emergere un aspro e insanabile contenzioso fra Freccia e la resistenza autonoma locale e regionale, ribaltando completamente il quadro degli indizi ed il possibile movente dell'assassinio. La scomparsa di Freccia [è questa la tesi avanzata da Ceccato], infatti, spianava la strada all'ascesa del col. Galli - un passato nella polizia fascista ed un futuro nella Celere scelbiana - a comandante militare effettivo dei partigiani veneti e all'egemonia moderata nella resistenza veneta, durante la cosiddetta fase Sabadin (gennaio-aprile 1945)".
La ricerca di Ceccato, per quanto supportata da un notevole materiale documentario, ha suscitato contrarietà (o perlomeno perplessità) nella maggior parte di quanti nel vicentino si occupano di storia della resistenza; era perciò attesa una replica da coloro che militarono nella resistenza autonoma o di ispirazione cattolica.
Il numero 5 (settembre 2006) dei Quaderni della Resistenza vicentina, rivista patrocinata dall'A.V.L. e curata da Benito Gramola, è interamente dedicato alla morte di Freccia e intende negare sia le tesi di coloro che ne attribuirono la responsabilità ai garibaldini sia quella di recente prospettata da Ceccato. Per la rivista, come dice uno dei titoli di copertina, quella di Freccia fu una morte senza misteri (non nel senso che tutto sia stato chiarito), che ebbe ad autori agenti del Servizio d'Ordine Sudtirolese che furono processati e condannati dalla Corte Marziale inglese nella primavera del 1946. Ulteriori documenti londinesi, provenienti dal fondo dello Special Operations Executive - SOE - che dirigeva le operazioni a supporto della Resistenza italiana, proverebbero questo.
Il numero 5 di Quaderni è articolato in una presentazione del comandante partigiano Giulio Vescovi (presidente dell'AVL e vice presidente dell'Istrevi) che, come egli dice "ha i caratteri della critica alla ricerca di Ceccato"; in un'intervista, data nel settembre 2004, da Christopher Woods - componente, col grado di tenente, della missione guidata dal maggiore Wilkinson - secondo il quale se fosse vero che l'itinerario compiuto da Freccia il giorno della morte era stato, per ragioni politiche, o dai garibaldini o, all'opposto dagli autonomi, rivelato ai tedeschi, questi lo avrebbero catturato per strappargli informazioni e non ucciso (come invece fecero non rendendosi conto di essersi imbattuti nel capo della missione inglese); e infine dal saggio di Benito Gramola La morte di Freccia. (8 marzo 1945), che, esaminate testimonianze e ricostruzioni storiche sull'uccisione di Wilkinson, ritiene che il credito maggiore debba darsi a quanto stabilito dalla Military Court la quale, nel processo svoltosi nei primi dell'aprile del '46, condannò il maresciallo Krips ed il soldato Moser - entrambi del Servizio d'Ordine Sudtirolese - alla fucilazione (pene poi commutate, rispettivamente in diciassette e sette anni di detenzione).
NEL RACCONTO-TESTIMONIANZA DEL PARTIGIANO VICENTINO PALMIRO GONZATO UNO SQUARCIO SULLE VICENDE PRIVATE E COLLETTIVE DEL DOPO LIBERAZIONE.
Nella introduzione all'agile volumetto di Palmiro Gonzato Una mattina ci hanno svegliato (curato da Lucrezia Fiorelli e Stefano Tallia, edito da Lupieri di Torino, pagg. 138, Euro 12,00) Enrico Galimberti mette in rilievo come, nell'immediato dopoguerra, in parte dei partigiani garibaldini, essendo vivo il timore di un possibile riflusso o di un travisamento dei fini per cui avevano combattuto - identificati tout court con quelli della Resistenza decisero che la loro "attenzione doveva rimanere alta e vigile sugli sviluppi del processo in atto". Ciò li portò "a trattenere una parte delle armi ben oltre il 25 aprile e proseguire nelle attività che avevano svolto fino ad allora: presidio in armi del territorio, requisizioni nelle campagne, controllo sociale nei confronti dei fiancheggiatori del regime". Dentro questo quadro può collocarsi la vicenda narrata, con ammirevole lucidità ed onestà intellettuale, da Palmiro Gonzato, che nel '45 aveva diciannove anni. Con un ristretto gruppo di partigiani (in mezzo al quale si era infiltrato uno che millantava un passato resistenziale, mentre era un comune delinquente) pensò opportuna una requisizione, che avvenne il 29 agosto del '45, di armi detenute da un ricco possidente del duevillese. L'infiltrato ed altri due, all'insaputa di Gonzato e di altri, non si limitarono a questo, ma prelevarono denaro e oggetti d'oro. In ottobre, dopo il fermo dell'infiltrato che non esitò a fare i nomi di quanti avevano partecipato all'azione, i carabinieri arrestarono dieci partigiani che per sette mesi furono tenuti nell'affollatissimo carcere San Biagio di Vicenza e poi trasferiti nella caserma Chinotto. Da qui, per ben due volte Gonzato ed altri tentarono invano, nell'estate del '46, di evadere, stimolati in tal senso da un tale Uragano che spacciandosi per "famoso comandante partigiano combattente nel Friuli" era riuscito a guadagnare sia a San Biagio che alla Chinotto un grande credito tra i detenuti. Uragano denunciò i compagni e così Gonzato venne a sapere che si trattava di un criminale comune sempre vissuto di espedienti e di raggiri. Nella tarda primavera del '47 Gonzato venne processato e condannato, per rapina e detenzioni di armi da guerra, a ventinove mesi di galera, scontati nei carceri mandamentali di Lonigo e Thiene. Nei primi mesi dell'arresto, Gonzato era convinto che - vantando un documentato passato di combattente partigiano (e quindi come scrive Galimberti di "aver accumulato negli anni della dura e sanguinosa [lotta di Resistenza] un credito morale e civile" e vista la sua estraneità alla rapina (mentre era colpevole di requisizione di armi) - avrebbe avuto una pena mite, convinzione smentita dal fatto che già nel '46 gran parte della magistratura era orientata a comminare pene pesanti verso i partigiani ed a qualificare la detenzione di armi come atto di violenza politica tendente in sostanza a fini sovversivi.
Uscito dal carcere, Gonzato si trasferì a Torino, frequentò i corsi del Convitto scuola Rinascita e ottenne la qualifica di disegnatore meccanico, diventando poi capotecnico (ma anche responsabile della Commissione Interna) di una carpenteria torinese. Negli anni scorsi ha pubblicato un libro sulla Resistenza nella zona di Montecchio Precalcino ed è tuttora un attivo dirigente dell'ANPI torinese, come lo è stato esemplarmente del Pci. E davvero il suo racconto-testimonianza è quanto mai utile per capire molteplici aspetti del nostro tumultoso dopoguerra.
IN RICORDO DI MARIANO BONATO, STUDENTE LICEALE E STAFFETTA PARTIGIANA.
Lo scorso anno, in occasione del Sessantesimo della morte di Mariano Bonato, avvenuta proprio nei giorni della Liberazione, il fratello Girolamo, partigiano delle Brigate Mazzini, ha pubblicato un volumetto che attraverso i ricordi suoi, della mamma Rosaria, degli insegnanti don Danese, don Dal Zotto, De Lai, del rettore del Seminario vescovile di Thiene mons. Zannoni, ricostruisce sia la breve vita di Mariano - ragazzo di straordinaria e profonda religiosità, studente brillante e generoso, e dal '44 staffetta partigiana nella Brigata Mazzini - sia la sua tragica morte, avvenuta qualche giorno dopo essere stato ferito da un soldato tedesco lungo la strada da Breganze a Thiene, mentre erano in corso combattimenti tra reparti tedeschi e repubblichini in ritirata e pattuglie partigiane. Nella mattinata del 27 aprile l'Arciprete di Thiene mons. Faccin aveva incaricato Bonato di portarsi a Zugliano per informare il comando della Mazzini che il comandante della X Mas intendeva parlamentare per patteggiare la resa. Assolto tale compito, il diciannovenne Bonato volle, nel ritorno, passare a trovare la madre, ma, come detto, venne gravemente ferito lungo la strada, raccolto dagli abitanti di una casa vicina e portato nell'ospedale di Thiene dove poi spirò.
Il volumetto Mariano Bonato. Staffetta partigiana della Brigata Mazzini (stampato dalle Grafiche Limonato di Fara Vicentina) è stato di recente ristampato nel sessantunesimo della morte di Mariano, e il fratello Girolamo ha aggiunto al testo originario una appendice che contiene alcuni documenti, alcune note sui caratteri della resistenza nel thienese e dintorni nonché sulla missione "Marini, Rocco Service" ed il discorso pronunciato da Mons.Zannoni in occasione del primo anniversario della Liberazione.
IL NUOVO NUMERO DI TERRA D'ESTE
Del numero 31 (gennaio-giugno 2006) della bella rivista edita dal Gabinetto di Lettura di Este e diretta dal prof. Francesco Selmin, tra i diversi saggi che in esso compaiono (Silvana Collodo Ricerche sugli assetti territoriali dei Colli Euganei nel Medioevo; Luigi Urettini, La scoperta dei Œsentimenti'. Giovanni Comisso in ŒPrimato'; Raffaelle Vergani, Fonti e problemi di storia delle cave nel Veneto; Simone Guseo, Il mito dei Grimani nella villa di Fratta Polesine), segnaliamo quello di Daniele Ceschin sugli internati socialisti ed anarchici nella Grande Guerra, che, come scrive in nota l'A. fa parte di un lavoro più ampio dedicato a tale questione e, più in generale alla categoria dello straniero interno durante la Grande Guerra.
"L'elemento che emerge con maggiore chiarezza da questa ricerca ancora in corso" scrive Ceschin nella parte finale del saggio, "è, nei confronti dello straniero interno sicuramente il carattere preventivo degli internamenti. Ora se questo appare comprensibile - in alcune circostanze, dal punto di vista del Comando supremo, persino giustificabile - nei territori occupati militarmente ed in zona d'operazioni, in tutti gli altri casi il provvedimento fu spropositato non rispetto alla accuse ma certamente rispetto agli elementi di giudizio che le autorità militari possedevano. L'internamento veniva disposto sulla base di un semplice sospetto, di una delazione, del ruolo politico e sociale che il soggetto rivestiva. In altri casi bastava una frase fuori luogo, un atteggiamento passivo nei confronti del nuovo regime, il trovarsi in un posto anziché in un altro. Insomma, davvero poco per giustificare una misura che era insindacabile, non ammetteva appello e nei confronti della quale nulla potevano nemmeno le autorità civili. Non c'erano istruttorie e processi, ma solo ordinanze a cui veniva data l'immediata esecutività. Nell'incertezza i Comandi militari disponevano l'internamento, cioè l'espulsione dalla zona di guerra; poi sarebbe stata cura del Ministero dell'Interno provvedere all'obbligo di residenza e alla vigilanza". Quanto al mondo socialista e anarchico, in dissenso con la guerra, esso si oppose agli internamenti" ma alla fine li subì quasi come un male minore. A ben guardare lo era, anche giudicando la legislazione di guerra. Nei loro confronti spesso le prove c'erano: poi si può discutere se scioperi, occupazioni, diffusione di stampa militarista, favoreggiamento di disertori e così via fossero da considerare reati da punire durante una guerra, ma questo è un altro discorso. Fatte salve le conclusioni degli studi sul tema di Giovanna Procacci, fino al decreto Sacchi, quindi fino alla vigilia di Caporetto, la mano [ nei loro confronti ] non fu certo pesante, tenendo conto che quella italiana era una società militarizzata fin dal 1915. All'infuori della zona di guerra si intervenne in misura limitata e si fece ricorso all'internamento solo in flagranza di reato e solo se in qualche modo erano coinvolti militari o strutture come le fabbriche militarizzate. Il controllo politico e sociale fu molto rigido, ma i provvedimenti di questo tipo risultarono stranamente limitati, anche nei confronti dei possibili istigatori".
NELLA RICORRENZA DEL 62mo ANNIVERSARIO DELL'ECCIDIO DEL GRAPPA
Varie iniziative e celebrazioni ufficiali in occasione del 62mo Anniversario dell'Eccidio del Grappa: domenica 17 settembre, con ritrovo alle 9.45 a Campo Croce, si terrà la Celebrazione Ufficiale proposta dalle Amministrazioni Comunali di Borso e Crespano del Grappa, oratore il prof. Alessandro Morelli; sabato 23 settembre, la cerimonia principale a Bassano del Grappa, con ritrovo alle 9.00, a seguire deposizione delle corone, Santa Messa ed Orazione ufficiale al Cinema-Teatro Astra del Presidente dell'Istrevi, Giuseppe Pupillo; martedì 26 settembre, giorno delle impiccagioni, appuntamento alle 20.30 presso la sala convegni dell'Hotel Palladio di Bassano, per un incontro con la dott.ssa Sonia Residori dal titolo "26 settembre 1944: il sangue e la menzogna", nel corso del quale l'autrice anticiperà le linee del suo prossimo lavoro sul rastrellamento del Grappa e presenterà dettagliatamente l'inedita ed assai pesante documentazione a supporto.
Sabato 14 ottobre, con inizio alle ore 10.00, si terrà a Palazzo Leoni Montanari di Vicenza (sede delle attività culturali e museali di Banca Intesa) la premiazione dei due vincitori della Seconda Edizione del Premio Gallo, riservata ad opere di studiosi di età inferiore ai quarant'anni nelle discipline del Diritto Penale, del Diritto Costituzionale e della Filosofia del Diritto.
A questa edizione, hanno partecipato cinquantatre opere, tra libri editi e tesi di dottorato e di laurea.
La Commissione Giudicatrice, composta dai docenti universitari Lorenza Carlassare (Ateneo di Padova), Guido Casaroli (Ateneo di Ferrara) e Lucio Pegoraro (Ateneo di Bologna), ha proclamato vincitori il prof. Luigi Cornacchia dell'Università di Lecce per il volume Concorso di colpa e principio di responsabilità personale per fatti propri, edito da Giappichelli ed il dottor Davide Baldazzi per la tesi di dottorato La novità normativa tra teoria delle fonti e teoria dei conflitti.
La Commissione ha inoltre segnalato, quali opere di particolare pregio le monografie di Chiara Tripodina Il diritto nell'età della tecnica. Il caso dell'eutanasia, edito da Jovene e di Lara Trucco Introduzione allo studio dell'identità individuale nell'ordinamento costituzionale italiano, editore Giappichelli. Tra le tesi di dottorato ha segnalato quella di Carmela Piemontese, Le forme di rinuncia alla pena fra esperienze normative e prospettiva de lege ferenda; tra le tesi di laurea quelle di Luca Buscema, Operazioni umanitarie di peacekeeping e stato di guerra: profili costituzionalisti, di Maria Grassetto, La repressione penale del negazionismo, di Stefano Vaona, Un'unione di minoranze? La rappresentanza di Stati membri nella forma di governo dell'Unione europea, di Viviana Zanetti, Alla ricerca dell'araba fenice. Il concetto di nesso funzionale ex art. 68 Cost.
La cerimonia, dopo i saluti, verrà introdotta (come già nella prima edizione, con il prof. Pietro Scoppola) da una lectio magistralis del prof. Gianfranco Pasquino su un tema politico-istituzionale di grande attualità e valenza: Premierati immaginari e Primi ministri autorevoli.
Ad essa seguirà la relazione della Commissione Giudicatrice ed una breve esposizione da parte dei due vincitori della loro opera e delle attuali linee di ricerca.
La cerimonia si concluderà con il conferimento del Premio e con un rinfresco, sempre nella sede di Palazzo Leoni Montanari.
L'Istrevi esprime il più vivo ringraziamento alla dottoressa Fatima Terzo, responsabile delle attività culturali di Banca Intesa, per l'ospitalità e per l'aiuto organizzativo generosamente dato nell'organizzazione del Premio che, ricordiamo, è stato istituito per volontà della famiglia del prof. Ettore Gallo, che ne ha assicurato il finanziamento.
Il bando della Terza edizione, riservato ad opere di storia contemporanea italiana, uscirà in concomitanza alla cerimonia di premiazione del 14 ottobre.
AD OTTOBRE NELLE LIBRERIE IL LIBRO DI PAOLO TAGINI "LE POVERE COSE", EDITO DALL'ISTREVI
Con l'entrata dell'Italia nel Secondo conflitto mondiale, le autorità fasciste predisposero l'internamento per i cittadini appartenenti a Stati nemici. Fra le migliaia di persone coinvolte da tale operazione, vi furono anche gli stranieri di "razza ebraica" allora presenti nel Regno e nei territori nel frattempo occupati dall'Esercito italiano.
L'internamento civile si concretizzò nella reclusione in campi di concentramento o nell'obbligo di domicilio coatto in particolari località del Paese: quest'ultima modalità, comunemente chiamata internamento libero, interessò da vicino ben ventotto comuni della Provincia di Vicenza e più di seicento ebrei, in maggioranza trasferiti coattivamente dalla Croazia, dalla Serbia e dalla Bosnia, che ebbero a partire dal novembre '41 tale odioso trattamento. Altri ebrei presenti che condivisero l'internamento nel vicentino erano invece sia clandestini austriaci, tedeschi e polacchi, sfuggiti alla persecuzione nazista, che vedevano nell'Italia un punto di transito verso altri paesi, sia, a partire dal giugno del '40, uomini e donne di religione giudaica provenienti dal mezzogiorno e ammassati nelle province del nord. Seicento destini che, uniti, inseriscono persone, paesi, istituzioni di questa provincia veneta nel macrocosmo di quello che è stato uno dei più tragici eventi del Novecento: la persecuzione ebraica e la Shoah.
Il libro di Tagini - rielaborazione della sua tesi di laurea Gli internati ebrei nella provincia di Vicenza che il 10 giugno 2006 ha ricevuto il prestigioso Premio biennale dell'Accademia Olimpica - tratta, sulla scorta di approfondite ricerche di archivio, questo tema sinora largamente ignorato dalla storiografia.
Il libro ha la prefazione della studiosa Liliana Picciotto, una delle massime esperte di storia della deportazione ebraica in Italia, e comprende il saggio Il campo di concentramento provinciale di Tonezza del Cimone del prof. Antonio Spinelli che lo scorso anno organizzò a Castelgomberto la mostra (poi esposta in altri Comuni) sull'internamento degli Ebrei nel vicentino.
In una delle prossime news dell'Istituto, verrà dato il quadro delle pubblicazioni dell'Istrevi previste tra l'autunno 2006 e la primavera 2007. Nell'autunno 2006 è prevista inoltre l'uscita del primo numero della rivista del nostro Istituto.
Il MAGGIORE WILKINSON ("FRECCIA"): UNA MORTE SENZA MISTERI. UN NUMERO MONOGRAFICO DI QUADERNI DELLA RESISTENZA VICENTINA.
Nel 2004, lo studioso padovano Egidio Ceccato pubblicò il libro Freccia, una missione impossibile (edito dall'Istituto per la storia della resistenza e dell'età contemporanea della Marca trevigiana,) che ribaltava le voci che nei decenni precedenti avevano attribuito la responsabilità, diretta o indiretta, della morte del maggiore inglese Wilkinson - capo della più importante delle missioni alleate paracadutate nel vicentino - ai garibaldini della ŒGaremi'. Come è scritto nella quarta di copertina del libro di Ceccato "i documenti recentemente affluiti da Londra, pur non risolvendo compitamente il thriller della sua tragica fine, fanno emergere un aspro e insanabile contenzioso fra Freccia e la resistenza autonoma locale e regionale, ribaltando completamente il quadro degli indizi ed il possibile movente dell'assassinio. La scomparsa di Freccia [è questa la tesi avanzata da Ceccato], infatti, spianava la strada all'ascesa del col. Galli - un passato nella polizia fascista ed un futuro nella Celere scelbiana - a comandante militare effettivo dei partigiani veneti e all'egemonia moderata nella resistenza veneta, durante la cosiddetta fase Sabadin (gennaio-aprile 1945)".
La ricerca di Ceccato, per quanto supportata da un notevole materiale documentario, ha suscitato contrarietà (o perlomeno perplessità) nella maggior parte di quanti nel vicentino si occupano di storia della resistenza; era perciò attesa una replica da coloro che militarono nella resistenza autonoma o di ispirazione cattolica.
Il numero 5 (settembre 2006) dei Quaderni della Resistenza vicentina, rivista patrocinata dall'A.V.L. e curata da Benito Gramola, è interamente dedicato alla morte di Freccia e intende negare sia le tesi di coloro che ne attribuirono la responsabilità ai garibaldini sia quella di recente prospettata da Ceccato. Per la rivista, come dice uno dei titoli di copertina, quella di Freccia fu una morte senza misteri (non nel senso che tutto sia stato chiarito), che ebbe ad autori agenti del Servizio d'Ordine Sudtirolese che furono processati e condannati dalla Corte Marziale inglese nella primavera del 1946. Ulteriori documenti londinesi, provenienti dal fondo dello Special Operations Executive - SOE - che dirigeva le operazioni a supporto della Resistenza italiana, proverebbero questo.
Il numero 5 di Quaderni è articolato in una presentazione del comandante partigiano Giulio Vescovi (presidente dell'AVL e vice presidente dell'Istrevi) che, come egli dice "ha i caratteri della critica alla ricerca di Ceccato"; in un'intervista, data nel settembre 2004, da Christopher Woods - componente, col grado di tenente, della missione guidata dal maggiore Wilkinson - secondo il quale se fosse vero che l'itinerario compiuto da Freccia il giorno della morte era stato, per ragioni politiche, o dai garibaldini o, all'opposto dagli autonomi, rivelato ai tedeschi, questi lo avrebbero catturato per strappargli informazioni e non ucciso (come invece fecero non rendendosi conto di essersi imbattuti nel capo della missione inglese); e infine dal saggio di Benito Gramola La morte di Freccia. (8 marzo 1945), che, esaminate testimonianze e ricostruzioni storiche sull'uccisione di Wilkinson, ritiene che il credito maggiore debba darsi a quanto stabilito dalla Military Court la quale, nel processo svoltosi nei primi dell'aprile del '46, condannò il maresciallo Krips ed il soldato Moser - entrambi del Servizio d'Ordine Sudtirolese - alla fucilazione (pene poi commutate, rispettivamente in diciassette e sette anni di detenzione).
NEL RACCONTO-TESTIMONIANZA DEL PARTIGIANO VICENTINO PALMIRO GONZATO UNO SQUARCIO SULLE VICENDE PRIVATE E COLLETTIVE DEL DOPO LIBERAZIONE.
Nella introduzione all'agile volumetto di Palmiro Gonzato Una mattina ci hanno svegliato (curato da Lucrezia Fiorelli e Stefano Tallia, edito da Lupieri di Torino, pagg. 138, Euro 12,00) Enrico Galimberti mette in rilievo come, nell'immediato dopoguerra, in parte dei partigiani garibaldini, essendo vivo il timore di un possibile riflusso o di un travisamento dei fini per cui avevano combattuto - identificati tout court con quelli della Resistenza decisero che la loro "attenzione doveva rimanere alta e vigile sugli sviluppi del processo in atto". Ciò li portò "a trattenere una parte delle armi ben oltre il 25 aprile e proseguire nelle attività che avevano svolto fino ad allora: presidio in armi del territorio, requisizioni nelle campagne, controllo sociale nei confronti dei fiancheggiatori del regime". Dentro questo quadro può collocarsi la vicenda narrata, con ammirevole lucidità ed onestà intellettuale, da Palmiro Gonzato, che nel '45 aveva diciannove anni. Con un ristretto gruppo di partigiani (in mezzo al quale si era infiltrato uno che millantava un passato resistenziale, mentre era un comune delinquente) pensò opportuna una requisizione, che avvenne il 29 agosto del '45, di armi detenute da un ricco possidente del duevillese. L'infiltrato ed altri due, all'insaputa di Gonzato e di altri, non si limitarono a questo, ma prelevarono denaro e oggetti d'oro. In ottobre, dopo il fermo dell'infiltrato che non esitò a fare i nomi di quanti avevano partecipato all'azione, i carabinieri arrestarono dieci partigiani che per sette mesi furono tenuti nell'affollatissimo carcere San Biagio di Vicenza e poi trasferiti nella caserma Chinotto. Da qui, per ben due volte Gonzato ed altri tentarono invano, nell'estate del '46, di evadere, stimolati in tal senso da un tale Uragano che spacciandosi per "famoso comandante partigiano combattente nel Friuli" era riuscito a guadagnare sia a San Biagio che alla Chinotto un grande credito tra i detenuti. Uragano denunciò i compagni e così Gonzato venne a sapere che si trattava di un criminale comune sempre vissuto di espedienti e di raggiri. Nella tarda primavera del '47 Gonzato venne processato e condannato, per rapina e detenzioni di armi da guerra, a ventinove mesi di galera, scontati nei carceri mandamentali di Lonigo e Thiene. Nei primi mesi dell'arresto, Gonzato era convinto che - vantando un documentato passato di combattente partigiano (e quindi come scrive Galimberti di "aver accumulato negli anni della dura e sanguinosa [lotta di Resistenza] un credito morale e civile" e vista la sua estraneità alla rapina (mentre era colpevole di requisizione di armi) - avrebbe avuto una pena mite, convinzione smentita dal fatto che già nel '46 gran parte della magistratura era orientata a comminare pene pesanti verso i partigiani ed a qualificare la detenzione di armi come atto di violenza politica tendente in sostanza a fini sovversivi.
Uscito dal carcere, Gonzato si trasferì a Torino, frequentò i corsi del Convitto scuola Rinascita e ottenne la qualifica di disegnatore meccanico, diventando poi capotecnico (ma anche responsabile della Commissione Interna) di una carpenteria torinese. Negli anni scorsi ha pubblicato un libro sulla Resistenza nella zona di Montecchio Precalcino ed è tuttora un attivo dirigente dell'ANPI torinese, come lo è stato esemplarmente del Pci. E davvero il suo racconto-testimonianza è quanto mai utile per capire molteplici aspetti del nostro tumultoso dopoguerra.
IN RICORDO DI MARIANO BONATO, STUDENTE LICEALE E STAFFETTA PARTIGIANA.
Lo scorso anno, in occasione del Sessantesimo della morte di Mariano Bonato, avvenuta proprio nei giorni della Liberazione, il fratello Girolamo, partigiano delle Brigate Mazzini, ha pubblicato un volumetto che attraverso i ricordi suoi, della mamma Rosaria, degli insegnanti don Danese, don Dal Zotto, De Lai, del rettore del Seminario vescovile di Thiene mons. Zannoni, ricostruisce sia la breve vita di Mariano - ragazzo di straordinaria e profonda religiosità, studente brillante e generoso, e dal '44 staffetta partigiana nella Brigata Mazzini - sia la sua tragica morte, avvenuta qualche giorno dopo essere stato ferito da un soldato tedesco lungo la strada da Breganze a Thiene, mentre erano in corso combattimenti tra reparti tedeschi e repubblichini in ritirata e pattuglie partigiane. Nella mattinata del 27 aprile l'Arciprete di Thiene mons. Faccin aveva incaricato Bonato di portarsi a Zugliano per informare il comando della Mazzini che il comandante della X Mas intendeva parlamentare per patteggiare la resa. Assolto tale compito, il diciannovenne Bonato volle, nel ritorno, passare a trovare la madre, ma, come detto, venne gravemente ferito lungo la strada, raccolto dagli abitanti di una casa vicina e portato nell'ospedale di Thiene dove poi spirò.
Il volumetto Mariano Bonato. Staffetta partigiana della Brigata Mazzini (stampato dalle Grafiche Limonato di Fara Vicentina) è stato di recente ristampato nel sessantunesimo della morte di Mariano, e il fratello Girolamo ha aggiunto al testo originario una appendice che contiene alcuni documenti, alcune note sui caratteri della resistenza nel thienese e dintorni nonché sulla missione "Marini, Rocco Service" ed il discorso pronunciato da Mons.Zannoni in occasione del primo anniversario della Liberazione.
IL NUOVO NUMERO DI TERRA D'ESTE
Del numero 31 (gennaio-giugno 2006) della bella rivista edita dal Gabinetto di Lettura di Este e diretta dal prof. Francesco Selmin, tra i diversi saggi che in esso compaiono (Silvana Collodo Ricerche sugli assetti territoriali dei Colli Euganei nel Medioevo; Luigi Urettini, La scoperta dei Œsentimenti'. Giovanni Comisso in ŒPrimato'; Raffaelle Vergani, Fonti e problemi di storia delle cave nel Veneto; Simone Guseo, Il mito dei Grimani nella villa di Fratta Polesine), segnaliamo quello di Daniele Ceschin sugli internati socialisti ed anarchici nella Grande Guerra, che, come scrive in nota l'A. fa parte di un lavoro più ampio dedicato a tale questione e, più in generale alla categoria dello straniero interno durante la Grande Guerra.
"L'elemento che emerge con maggiore chiarezza da questa ricerca ancora in corso" scrive Ceschin nella parte finale del saggio, "è, nei confronti dello straniero interno sicuramente il carattere preventivo degli internamenti. Ora se questo appare comprensibile - in alcune circostanze, dal punto di vista del Comando supremo, persino giustificabile - nei territori occupati militarmente ed in zona d'operazioni, in tutti gli altri casi il provvedimento fu spropositato non rispetto alla accuse ma certamente rispetto agli elementi di giudizio che le autorità militari possedevano. L'internamento veniva disposto sulla base di un semplice sospetto, di una delazione, del ruolo politico e sociale che il soggetto rivestiva. In altri casi bastava una frase fuori luogo, un atteggiamento passivo nei confronti del nuovo regime, il trovarsi in un posto anziché in un altro. Insomma, davvero poco per giustificare una misura che era insindacabile, non ammetteva appello e nei confronti della quale nulla potevano nemmeno le autorità civili. Non c'erano istruttorie e processi, ma solo ordinanze a cui veniva data l'immediata esecutività. Nell'incertezza i Comandi militari disponevano l'internamento, cioè l'espulsione dalla zona di guerra; poi sarebbe stata cura del Ministero dell'Interno provvedere all'obbligo di residenza e alla vigilanza". Quanto al mondo socialista e anarchico, in dissenso con la guerra, esso si oppose agli internamenti" ma alla fine li subì quasi come un male minore. A ben guardare lo era, anche giudicando la legislazione di guerra. Nei loro confronti spesso le prove c'erano: poi si può discutere se scioperi, occupazioni, diffusione di stampa militarista, favoreggiamento di disertori e così via fossero da considerare reati da punire durante una guerra, ma questo è un altro discorso. Fatte salve le conclusioni degli studi sul tema di Giovanna Procacci, fino al decreto Sacchi, quindi fino alla vigilia di Caporetto, la mano [ nei loro confronti ] non fu certo pesante, tenendo conto che quella italiana era una società militarizzata fin dal 1915. All'infuori della zona di guerra si intervenne in misura limitata e si fece ricorso all'internamento solo in flagranza di reato e solo se in qualche modo erano coinvolti militari o strutture come le fabbriche militarizzate. Il controllo politico e sociale fu molto rigido, ma i provvedimenti di questo tipo risultarono stranamente limitati, anche nei confronti dei possibili istigatori".
NELLA RICORRENZA DEL 62mo ANNIVERSARIO DELL'ECCIDIO DEL GRAPPA
Varie iniziative e celebrazioni ufficiali in occasione del 62mo Anniversario dell'Eccidio del Grappa: domenica 17 settembre, con ritrovo alle 9.45 a Campo Croce, si terrà la Celebrazione Ufficiale proposta dalle Amministrazioni Comunali di Borso e Crespano del Grappa, oratore il prof. Alessandro Morelli; sabato 23 settembre, la cerimonia principale a Bassano del Grappa, con ritrovo alle 9.00, a seguire deposizione delle corone, Santa Messa ed Orazione ufficiale al Cinema-Teatro Astra del Presidente dell'Istrevi, Giuseppe Pupillo; martedì 26 settembre, giorno delle impiccagioni, appuntamento alle 20.30 presso la sala convegni dell'Hotel Palladio di Bassano, per un incontro con la dott.ssa Sonia Residori dal titolo "26 settembre 1944: il sangue e la menzogna", nel corso del quale l'autrice anticiperà le linee del suo prossimo lavoro sul rastrellamento del Grappa e presenterà dettagliatamente l'inedita ed assai pesante documentazione a supporto.