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CURTATONE E MONTANARA

borghi in provincia di Mantova
29 maggio 1848
Reparti regolari toscani e napoletani insieme a volontari provenienti per la maggior parte dalle università di Pisa, Siena e Firenze (il cosidetto battaglione universitario toscano composto da professori e studenti), agli ordini del generale conte De Laugier, furono attaccati dalle forze austriache del maresciallo Radetzky, composte da 43 battaglioni per un totale complessivo di più di 30.000 uomini concentrati a Mantova. La resistenza patriottica, che era già stata messa a dura prova il, giorno precedente, fu costretta ad una sanguinosa ritirata il 29 maggio. Molti volontari furono decimati. In totale gli Italiani persero 3000 uomini contro le esigue perdite austriache (40 ufficiali e 300 soldati). Ma la carneficina servì a ritardare l'effetto sorpresa degli Austriaci che furono respinti a Goito dai Piemontesi.


CUSTOZA

località del Veneto in provincia di Verona
23 - 25 luglio 1848
Malgrado la vittoria di Peschiera, l'irresolutezza dei Piemontesi non permise loro di imporre sul nemico una iniziativa né strategica né tattica, consentendo a Radetzky di riorganizzare le truppe che, sul finire di luglio, si scontrarono presso Verona con l'esercito di Carlo Alberto, circa 40.000 uomini supportati dai volontari di varie regioni italiane. I 70.000 Austriaci riportarono una vittoria decisiva sia per merito di Radetzky ma anche per demerito del comando italiano che adottò uno schieramento, frutto del compromesso tra l'intenzione di Carlo Alberto di attaccare Mantova e l'idea difensiva del capo di stato maggiore Bava mirante a proteggere l'intera Lombardia: in pratica l'esercito fu spezzato in due tronconi scarsamente collegati fra loro. Radetzky ne approfittò infilandosi nella fragile saldatura delle forze nemiche.
Carlo Alberto allora operò un contrattacco mentre gli Austriaci erano impegnati nel difficoltoso attraversamento del Mincio ma, come suo costume, non portò l'attacco sino in fondo permettendo all'avversario di parare la minaccia. Nel contempo De Sonnaz, generale dei reparti savoiardi, non aiutò affatto Carlo Alberto ripiegando addirittura su Goito. L'atteggiamento rinunciatario dei Piemontesi permise così agli Austriaci di sferrare il massiccio attacco sulle alture di Custoza che risultò decisivo.
Ciò costrinse Carlo Alberto ad abbandonare Milano e a chiedere il 9 agosto, l'armistizio che pose fine alla prima fase della guerra d'indipendenza (armistizio Salasco).


MILANO

capoluogo della Lombardia
18 - 22 marzo 1848
insurrezione antiaustriaca, episodio noto come "Le Cinque Giornate di Milano"
La situazione a Milano (tesa già dal gennaio in seguito allo sciopero del tabacco che era sotto il monopolio austriaco), dopo le notizie della caduta di Metternich e la proclamazione della ricostituita repubblica veneta (22 marzo), esplose il mattino del 18 marzo quando cittadini milanesi, condotti dal podestà di Milano Gabrio Casati e dagli assessori Marco Greppi e Antonio Beretta, assalirono il palazzo del governo e strapparono con la forza al Conte O'Donnel, vicegovernatore, concessioni che il maresciallo Radetzky, comandante militare della piazza, impugnò assumendo il governo della città. In risposta alle dure misure militari subito attuate dal Radetzky si ebbe lo scoppio dell'insurrezione e la lotta cittadina: muniti di fucili e protetti da barricate di fortuna, gli abitanti lottarono contro le agguerrite truppe austriache chiuse nel Castello.
Il 22 marzo gli Austriaci sgomberarono la città per ritirarsi, nelle munite fortezze del Quadrilatero (Mantova, Peschiera, Verona e Legnago), trascinandosi appresso gli ostaggi politici.
4 agosto 1848
I Piemontesi, condotti da re Carlo Alberto, dopo la sconfitta di Custoza, si ritirarono nella posizione scoperta di Milano, a ridosso dei bastioni. In una serie di scontri isolati, su un fronte di circa 7 km, i Piemontesi cercarono di contrastare l'avanzata delle colonne austriache dei generali Strassoldo, Clam e Schwarzenberg. Per la maggiore abilità manovriera degli Austriaci, i Piemontesi non riuscirono nel loro intento e vennero sconfitti. Carlo Alberto, costretto alla capitolazione, dovette ripassare il Ticino.


MONZAMBANO

Ponte sul Mincio, nel comune omonimo in provincia di Mantova
9 aprile 1848
Dopo la sconfitta di Goito, Radetzsky aveva organizzato un velo difensivo in corrispondenza dei passaggi del Mincio tra Mantova e Peschiera. A Mozambano, due compagnie austriache, dopo aver interrotto il ponte di legno, ripiegarono sulla riva sinistra del fiume. Si svolse una lotta di qualche ora tra le due artiglierie sino a quando, riattato il passaggio, tre battaglioni preceduti data compagnia bersaglieri divisionale varcarono il ponte, costringendo il generale austriaco Strassoldo ad abbandonare la posizione e a ritirarsi su Verona.


PASTRENGO

comune del Venieto in provincia di Verona
30 aprile 1848
La battaglia, sicuramnente una delle più Gloriose della prima guerra d'Indipendenza, avvenne tra le truppe piemontesi (10 corpo d'armata) del generale de Sonnaz, che stavano avanzando nel Veneto, e la divisione di Wocher, che per ordine del comandante supremo Radetzky si era attestata sull'importante posizione di Pastrengo. Il 30 aprile i forti contrattacchi austriaci e il nutrito fuoco delle loro artiglierie stavano quasi per avere ragione dell'assalto piemontese, quando una travolgente carica dei Carabinieri a cavallo del maggiore Sanfront (uno squadrone di 200 cavalieri) sfondò le linee austriache e portò alla vittoria l'esercito di Carlo Alberto (presente sul campo).


PESCHIERA

città in provincia di Verona
13 aprile - 30 maggio 1848
Il 13 aprile il duca di Genova, con le brigate Piemonte e Pinerolo, iniziò l'assedio della città. con ripetuti bombardamenti. Il presidio austriaco comandato dal generale Rath, dopo brevi trattative, alle ore 16 del 30 maggio alzò la bandiera bianca. Il giorno seguente la fortezza fu occupata dai Piemontesi. Il giorno dopo la sconfitta di Custoza (23-25 luglio 1848) Peschiera fu nuovamente assediata dagli Austriaci del generale Haynau. Il 12 agosto 1848, il presidio piemontese, al comando del Generale Federici, riconsegnò la fortezza di Peschiera agli Austriaci, secondo quanto avevano stabilito le clausole dell'armistizio di Salasco (la Lombardia doveva ritornare all'Austria).


VENEZIA

capoluogo del Veneto
22 marzo 1848 - 24 agosto 1849
insurrezione e assedio, episodio della prima guerra d'indipendenza italiana(1848-1849)
Alla notizia dei primi successi delle truppe piemontesi in Lombardia, i Veneziani insorsero il 22 marzo 1848 contro il presidio austriaco al comando del generale Zichy, che fu costretto a lasciare la città. Daniele Manin e Niccolò Tommaseo furono liberati dal carcere e gli insorti proclamarono l'annessione di Venezia al Piemonte (5 luglio 1848). Dopo la sconfitta piemontese di Custoza e l'armistizio di Salasco, Venezia proclamò la repubblica di San Marco e tentò di resistere al conseguente assedio austriaco, portato da un contingente di 30.000 uomini guidati dal generale Welden. La Repubblica disponeva inizialmente di 5000 uomini, ma difettavano i quadri e pur avendo un buon arsenale, non fu ben amministrata la distribuzione delle armi. Inoltre Manin commise l'errore di non richiamare a Venezia la flotta militare austriaca, composta da equipaggi in gran parte italiani, che era a Pola. Guglielmo Pepe, giunto con i volontari napoletani in soccorso della città ormai isolata, s'incaricò di dirigere la difesa e con alcune sortite il blocco austriaco venne in parte alleggerito. Il 2 aprile 1849 l'Assemblea veneziana decreta che la città resisterà a ogni costo e sulla torre di San Marco viene issata la bandiera rossa, simbolo di resistenza a oltranza.
Ma alla fine del mese l'Austria iniziò le nuove operazioni con il 2' corpo di riserva, notevolmente rafforzato (30.000 uomini e un grande parco di artiglieria) al comando del generale Haynau; sopraggiunse anche il maresciallo Radetzky che iniziò il bombardamento di Marghera; malgrado i difensori rispondessero energicamente, riuscendo a bloccare numerose batterie nemiche, furono infine costretti ad abbandonare Marghera.
A Venezia intanto aveva cominciato a serpeggiare il colera e la carenza di viveri si faceva sentire. Nell'ultimo mese di assedio fu creata una Commissione militare di tre membri: Girolamo Ulloa, ufficiale napoletano che si era distinto nella difesa di Marghera e era stato promosso generale; il tenente colonnello Giuseppe Sirtori, già sacerdote, eroe delle 5 Giornate di Milano e arrivato a Venezia alla testa di un battaglione di volontari lombardi (sarà poi ufficiale garibaldino e tenente generale dell'esercito italiano); e Baldisserotto, ufficiale di marina. Radetzky adottò tutti i sistemi per fiaccare la città: furono usati anche i palloni aerostatici cui erano attaccate delle bombe: spinti dal vento dovevano cadere sulla città: il 12 luglio ne vennero lanciati 20, ma nessuna bomba cadde su Venezia e molti palloni scoppiarono in aria; alcune bombe caddero nel campo degli assedianti! Furono poi adottate nuove tecniche di tiro (il cosiddetto tiro a palla piena) con cui si intensificò il bombardamento che produsse nuove distruzioni: la città fu ridotta allo stremo e Daniele Manin, a cui erano stati concessi pieni poteri, sottoscrisse il 24 agosto, a Villa Papadopoli presso Mestre, una resa senza condizioni. Il generale austriaco Gorzkowsky venne nominato governatore civile e militare.


GOITO

paese del Mantovano, sulle rive del Mincio
8 aprile 1848
La dichiarazione di guerra all'Austria venne notificata il 23 marzo, dopo che Milano si era sollevata cacciando gli Austriaci nel corso delle famose "cinque giornate". Un intervento militare in Lombardia venne quindi promosso dal sovrano piemontese Carlo Alberto. Sul Mincio, presso Goito, in provincia di Mantova, i reparti del I corpo sardo-piemontese che costituivano il nucleo dell'esercito di Carlo Alberto, sconfissero i distaccamenti austriaci a guardia del ponte sul Mincio.
Al comando delle truppe piemontesi era il generale Bava che conquistato il paese catturò 100 prigionieri costringendo gli avversari austriaci a ripiegare oltre il fiume, verso Pozzolo e Valeggio. Bava sconfiggerà nuovamente gli Austriaci alla fine del mese (30 maggio).
30 maggio 1848
Goito fu il più brillante successo in tutta la campagna della i Guerra d'indipendenza. A determinare il successo italiano contribuirono da un lato il contemporaneo assedio di Peschiera, una delle fortezze dove era concentrato l'esercito austriaco, e dall'altro la straordinaria resistenza incontrata dal maresciallo Radetzky a Curtatone e Montanara che permise a Carlo Alberto di guadagnare un giorno sull'avversario, riuscendo perciò a raccogliere le truppe a Goito e prepararle allo scontro. Non tutti i 40.000 uomini agli ordini di Bava e De Sonnaz parteciparono alla battaglia così come parte delle truppe austriache rimasero impegnate nella difesa di Peschiera soprattutto, e anche delle altre roccaforti. Fallito l'attacco di sorpresa Radetzky venne raggiunto dall'esercito sardo-piemontese sul Mincio e l'ala guidata dal generale Bava riuscì a sfondare le linee austriache: forse per lo stupore di essere stati battuti gli Austriaci anziché ritirarsi con ordine si dettero alla fuga, trasformando così la sconfitta in una vera e propria rotta. Contemporaneamente alla vittoria di Goito giunse la notizia della resa di Peschiera: i soldati piemontesi acclamarono entusiasticamente Carlo Alberto "Re d'Italia" ma il sovrano non seppe sfruttare al meglio il brillante risultato ottenuto. Le sue incertezze, unite a quelle dei suoi generali, permisero a Radetzky di riorganizzare le truppe e di riconquistare quasi tutto il Veneto.