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PRESENTAZIONE

Vicenza, 1986

Il Comitato Vicentino dell'Istituto perla Storia del Risorgimento Italiano, che ho l'onore di presiedere, accoglieva, tre anni orsono, la proposta del Vice Presidente del Comitato, di predisporre una pubblicazione agile dal titolo: Itinerari turistici risorgimentali, guida scientifica e pratica ad un tempo di un turismo qualificato nello storico. Con la collaborazione di alcuni Consiglieri del Comitato, il Comm. Gianni Pieropan, quale consulente; il prof Mario Michelon, nella sua veste di Presidente del Museo del Risorgimento e della Resistenza; i soci dott. Andrea Kozlovic e M. Giovanni Azzolini, noti ricercatori nell'ambito storico risorgimentale vicentino, il prof. Giuseppe Mori ha elaborato il progetto e lo ha portato a termine nella sua 1ª fase, coordinando il lavoro con l'impegno e la competenza storica che gli sono riconosciuti, L'opera è stata concepita in una duplice prospettiva: quella turistico-risorgimentale, e quella rievocativa della "Grande Guerra", teatro di un turismo che si cala nella memoria della nostra terra, fortemente cifrato dallo "storico risorgimentale". Come si vede il Comitato ha voluto essere presente con questa iniziativa meditata, nel quadro delle rievocazioni che in questi anni verranno realizzate, nel ricordo di quel Risorgimento che proprio su questa terra ha concluso il suo lungo e glorioso travaglio. Il Piano dell'opera esplica questa prospettiva particolarmente "unitaria " del Risorgimento italiano nel vicentino. L'impaginazione a schedario è il sussidio di tavole topografiche e toponomastiche; gli indici sistematici in ordine alfabetico, la numerazione decimale internazionale: sono aspetti che mettono in evidenza l'intento "strumentale" della guida. In un'epoca nella quale il turismo si è fatto di massa e adulto è bene offrire guide specialistiche. Nei limiti delle nostre forze, e come impegno civile, l'opera è stata realizzata con l'appoggio della Cassa di Risparmio di Vicenza, Verona e Belluno; la Banca Popolare di Vicenza; l'Ente Provinciale per il Turismo; l'Associazione Combattenti e Reduci, Sez. di Vicenza.

Il Presidente del Comitato Vicentino dell'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano

Antonio Corazzin
Sindaco di Vicenza 1998

PREFAZIONE

Vicenza, 1986

Purtroppo è vero, ed è stato di recente autorevolmente detto, che "vivere la storia è oggi uno status symbol, un riconoscimento sociale". E di ciò sono prova, la speculazione immobiliare e il turismo sviluppatisi nell'ambito dei "beni culturali", catalogati come "artistici", naturali o artificiali. Questo stato di cose è maturato nel campo artistico attraverso fasi storiche che, dal '700 hanno configurato la "tutela" del patrimonio artistico come tutela conservativa degli "esempi storici indiscutibili" nel campo dell'arte: eravamo nella civiltà del neoclassicismo pedagogico degli esempi che trascinano, "exempla trahunt". È così che i romantici "Sepolcri" foscoliani aprono neoclassicamente la via ad una evoluzione, tutta romantico risorgimentale, degli "exempla" da conservarsi, come culto delle "urne dei Grandi", che parlano all'"uomo dabbene". È questa ispirazione ossianico-foscoliana, di questo Foscolo, primo itinerante, turista storico romantico nostrano, che ce lo presenta vagante nel nostro paese, prima a Porta Comasina, dove, se ci fosse stata ancora la tomba del Parini "un nume" avrebbe parlato a lui, uomo dabbene, e lo avrebbe ispirato "ad egrege cose". E parimenti ciò si verifica, per questo singolare turista "dabbene", al vedere le arche di S. Croce, al ricordare le tombe di Maratona, la tomba di Ettore, anche se solo cantata da Omero. Esemplarità di un turismo storicamente personalizzato per il "forte" Foscolo, che l'800 eredita, ma anche mortifica in prospettiva di un "conservare" che risente del "metodo storico" positivisticamente erudito al punto da farsi esso stesso "un metodo per la storia, il suo cantiere". Questo aspetto conservativo del "metodo" e del "cantiere" per la storia dell'arte, così icasticamente definito da Andrea Emiliani, venne pressoché copiato dai museologi della storia risorgimentale. È così che nacquero i Musei del Risorgimento di cui, nobile esemplare era quello vicentino di Villa Guiccioli, entrato in crisi dopo la Il Guerra mondiale, ed ora in fase di critico e oculato restauro; o meglio, di una vera e propria riinvenzione museologica moderna. Nasceva dunque nell'800 la museografia conservativa risorgimentale, che mantenne quei caratteri di "contenuto" e di "metodo" propri del "metodo storico erudito" anche se rinnovato e deformato dall'aggiunta ideologica nazionalistica, tra la I e II guerra mondiale. Ma riprendiamo il discorso ottocentesco della prima maniera: unico aspetto positivo di quella impostazione fu la forte caratterizzazione locale, della "piccola Patria", provinciale o addirittura cittadina, o semplicemente geostorica (es. il museo di S. Martino nel veronese): insomma, il positivo è siglato dal "periferico" che in "loco" conservava con amore tutto familiare, ciò che restava come ricordo di eventi risorgimentali. A Roma si apriva il Museo Storico del Risorgimento Nazionale, nel cuore della capitale, nei locali del monumento innalzato al Padre della Patria, ma i Musei locali ebbero vita e prestigio proprio: questa autonomia fu conservata anche in periodo fascista. Tale forma conservativa, legata al luogo nel quale l'evento storico ha avuto la sua cruenta celebrazione, evitò di far sì che il Museo Storico Risorgimentale "locale" si trasformasse in conservazione di "archetipi", rimase sempre siglato dal "personale" nella sua grandezza e nel suo limite. Non avvenne pertanto ciò che toccò a certi capolavori d'arte e anche a sottoprodotti artistici di collezioni locali, di entrare nel circuito del "consumismo d'arte". Se mai il patrimonio storico risorgimentale locale ha subito e tuttora subisce un certo danno nell'eccedere della valutazione del cimelio storico del "privato", soprattutto "affettivo" del ricordo di famiglia: e questo è tutto un altro discorso rieducativo che pur va fatto. Comunque il consumismo dello "storico" non ha avuto le dimensioni di quello artistico, i cimeli sono rimasti, se non altro, nelle mani dei privati che li conservano con immutato amore, ma che sarebbe bene fossero in qualche modo a disposizione degli storici. Si tratta di un privato che non perde il suo valore familiare nel pubblico, che anzi lo consacra nel tempo, al di là di ogni dilapidazione od usura. Comunque per il "privato" o meglio per il "locale", proprio perché legato e sacro ai luoghi ove era sorto il Museo, ha prevalso sull'abuso consumistico un sentimento, quello del "pro Patria mori". La morte, il sacrificio tutto risorgimentale, legati all'ideale di una Patria da storicizzare in uno Stato. Lo Stato italiano della Nazione degli italiani, fu la matrice profonda che diede sacralità ai Musei risorgimentali, ma promosse un'altra forma commemorativa posteriore: quella dei Cimiteri di guerra, nei quali le "urne dei forti" divennero per tutti, le urne di persone care: "i propri cari" morti in un "servizio" alla Patria, ancora in parte irredenta, da unificare col sacrificio di tutti gli italiani. Con queste nuove "raccolte" monumentali, strettamente legate al luogo del sacrificio, i "Cimiteri di guerra", consacrate dal culto dei visitatori, parenti e sopravvissuti ex combattenti, siamo al nostro tempo. È nato così un turismo che non sempre ha saputo evitare il peccato della massificazione, con adunate per le quali, nulla togliendo del sacro che le motiva, è utile predisporre sul loro cammino, nuovi strumenti che guidino alla lettura degli eventi consacrati nel monumento, ad un puntuale approccio personale o per piccoli gruppi, avviati a riscoprire, a sentire foscolianamente la voce che da quei monumenti ci ammonisce tutti, sull'aspetto tragico e disumano, che non cancella quello del "sacrificio" delle imprese compiute con dedizione, con coraggio, con amore. Solo la consacrazione popolare realizzata in modo corretto dai parenti e dagli "uomini dabbene" eviterà il consumismo turistico di questo patrimonio sacro. È impegno nostro, anche con questa modesta iniziativa degli "Itinerari", il favorire un turismo storico non consumistico, ma rivolto ad esempio a rinnovare da parte degli studiosi e non studiosi itineranti, l'impegno a segnalare nuovi ritrovamenti (ben localizzati); a rinnovare l'invito ai detentori di documenti o di resti storici inerenti i fatti risorgimentali, di offrirli, nelle forme più controllate, al Comitato per la storia del Risorgimento o al Museo di Villa Guiccioli. Sarebbe anche questa una manifestazione di una stretta parentela coi luoghi e con le persone che, nel caso specifico dei vicentini, li lega a questi itinerari ma che, per altro verso, sono di tutti gli italiani legati nell'evento risorgimentale da una parentela, che abbraccia la Patria tutta. In questo ordine di valori con questi Itinerari si vuol configurare un turismo godibile, perché inserito nelle località storiche degli "abitati" (città e paesi), dell'ambiente naturale (la pianura vicentina, i monti, gli altopiani), ma fondamentalmente aperto a riudire le care voci delle lapidi, degli edifici, delle vie, dei sentieri, dei campi, dei ricordi conservati dalla tradizione locale: tutto un ricanto risorgimentale, fino all'epilogo della I guerra mondiale, che da noi è più poematicamente detta "Grande guerra". Concludendo con la notazione critica che Andrea Emiliani pone alla base di una revisione della storia dell'arte, si vuole qui indicare, come fuori dalle intenzioni che hanno motivato questi "Itinerari" il monografismo e il consumismo che hanno afflitto e stanno affliggendo (fatte lodevolissime eccezioni) i "beni culturali" del settore storico. Questi "Itinerari turistici risorgimentali" nascono al di fuori di tutti gli "ismi" che li insidiano: non cedono al turismo della curiosità consumistica di cose, luoghi storici, ma vogliono aiutare il turista "dabbene", animato da un concreto sentimento di reverenza, di "pietas", anche al di là del retorico ed enfatico epitaffio siglato nel motto "chi per la Patria muor vissuto è assai", che lascia solo dietro di sé il compianto e non l'insegnamento, a maturare in sé l'aspirazione e l'istanza profonda per una nuova storia umana che, sul rimpianto faccia sbocciare il fiore della fede in una futura pacifica esistenza di distinti ed eguali, al di là di qualunque timore dell'apocalisse nuovamente millenaristica.

Prof. Giuseppe Mori