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Storie in Corte di Tommasino Giaretta
Le cose di una volta tornano a suscitare interesse. È solo una constatazione che ognuno può tirare dalla parte che più gli aggrada. Un'altra constatazione è che invece di avere paura degli ufo e degli ominidi verdi tentacolari, oggi bisogna salvarsi da quella che è una vera sciagura e cioè l'alluvione di passatisti, passatologi e passatomani.
I passatisti sono i nostalgici, quelli per i quali il tempo si è fermato decenni fa, negli anni dell'infanzia. Il dopo si è solo peggioramento irrefrenabile. Rimpiangono insomma una specie di età d'oro che non c'è mai stata.
I passatologi sono intellettuali che annusato appena un po' di passato (magari lo hanno attraversato ma senza capire più di tanto, hanno viaggiato la vita ma solo come pacchi postali all'insegna delle tre scimmiette) ci ricamano sopra con una tenacia degna di ben altre imprese. Hanno intravisto appena e vogliono farne un affresco: quello che producono è un falso e appena gratti la patina ti accorgi che sotto c'è il nulla. Dopo aver disprezzato il dialetto e tutto ciò che esso incarna, per non perdere il posto di docenza si sono improvvisati specialisti e lo fanno con una burbanza che è perfino commovente. Cornacchie dal sedere spelato che le penne di pavone non riescono a nobilitare.
Ed infine ecco i passatomani, quelli che scrivono con la lente di ingrandimento trasformando un moscerino del passato in un pachiderma dei nostri giorni. Sono quelli che portano le braghe di fustagno nei salotti di coloro che hanno la puzzetta sotto il naso e non si accorgono del sacrilegio che compiono, della giustapposizione assurda di elementi inconciliabili.
Buon per noi che Tommasino Giaretta, autore di questo libro di racconti e rievocazioni, non appartiene a nessuna di queste tre categorie patetiche e pericolose. Glielo vieta il finissimo senso di umorismo che lo caratterizza e lo rende immune dalle contaminazioni. Giaretta sa ridere di sé e quindi ha anche il diritto di ridere degli altri. Senza cattiverie o sottolineature eccessive.
Umorista e distaccato, rievoca ma non indora, dipinge ma non fa oleografie untuose, racconta uomini e cose come erano senza imbellettarli. Sono interviste con il passato: hanno la vivacità dell'oggi che è consapevole di avere lunghe e solide radici. E arriva a farti capire che certe trovate di oggi una volta le definivano la scoperta dell'acqua calda o del filo per tagliare la polenta. Ecco, Tommasino Giaretta confeziona una polenta autentica, quella rimescolata nel "caliero" per almeno quaranta minuti, come la casalinga che "strucava" pazientemente tutti i "gnochi" prelevati con la forchetta dalla massa bollente e schiacciati contro la "mescola".
Niente a che vedere con quella poltiglia semicruda che ti vendono incellofanata e che viene surriscaldata in fretta sulla piastra elettrica o a gas. Poltiglia rimane perché per fare una polenta buona occorrono tanto tempo e grande passione.
Alla umanità e alla civiltà affrescate in questo libro Giaretta ha dedicato tutto il suo tempo perché si tratta di cose della vita e cioè della vita stessa, quella che ci portiamo sempre appresso e che non finiamo mai di costruire. Le pagine godibilissime che seguono "fermano" senza rallentarla qualche scampolo di questa vita che piange, balla, salta e canta. L'autore, che di mestiere fa il maestro, imbocca la strada giusta e inedita del maestro che lascia l'aula e porta sè e gli alunni (che sono i lettori e ne siano fieri) al Casarmon con la grande corte centrale. Anche il Casarmon è scuola, la corte è auditorium, il filò è lezione. Basta fare un po' di silenzio, ascoltare, contemplare e poi scrivere. Scrivendo si arriva, quasi senza accorgersi, a scoperte eccezionali: che la cucchiaiata dell'antico onnipotente olio di ricino valido per tutte le magagne e che la flemma di Bepi sensaro appartengono allo stesso fiume di valori e alla stessa umanità agraria che ha fatto recentemente le barricate a Vancimuglio per ottenere un minimo di giustizia e di dignità (protesta degli allevatori per il latte).
Ecco, il passato diventa presente, il vecchio riemerge nuovo. È il canto della vita profonda, quella che cambia il vestito ma non la persona che ci sta sotto. Per questo non c'è bisogno di piagnucolare o rimpiangere quello che si vive, quello che chiami ieri improvvisamente si rivela oggi anzi domani.
Dobbiamo essere riconoscenti a Tommasino Giaretta per questo bel regalo prodotto dal tempo, dalla passione e dalla intelligenza che vi ha buttato dentro. Certamente a scrivere queste cose lui si è divertito nel senso migliore del termine e ora fa divertire anche noi perché interpreta meravigliosamente tutti noi. Coloro che sanno interpretare a dovere gli altri sono pochi anzi pochissimi: Tommasino Giaretta appartiene a questo pugno di privilegiati ed artisti. Adriano Toniolo

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