Cerca nel sito

Invia ad un amico

Focus On: Quando le truppe napoleoniche saccheggiarono Vicenza

Un breve resoconto

Non ci sono molti resoconti del saccheggio di Vicenza da parte dell'esercito napoleonico. I fatti che portarono le truppe francesi al sacco della città veneta, raccontati nello “Stato delle somministrazioni in viveri e foraggi, in vestiti ed equipaggi da 8 fiorile anno V (27 aprile 1797) a tutto Nevoso anno VI (19 gennaio 1798)”, un raro manoscritto sopravvissuto all'incendio degli archivi storici del palazzo della Prefettura del 1916, sono collegate agli ultimi tristi giorni della Repubblica di Venezia. Alla guida dell'esercito francese impegnato nella Campagna d'Italia contro Sacro Romano Impero, Stato Pontificio e Regno di Sardegn a, Napoleone Bonaparte, giovane e spregiudicato generale corso della Francia rivoluzionaria, dimostrò per la prima volta sul campo le sue doti di condottiero e stratega conducendo una campagna spregiudicata che in poco tempo portò ai francesi il controllo del Nord Italia costringendo gli imperi centrali al trattato di Campoformio che decretò la fine della Serenissima dopo oltre 1000 anni di dominio dei dogi.

Le truppe francesi impegnate sul territorio nella campagna d'Italia si resero protagoniste di ruberie e taglieggi ai danni della popolazioni locali e delle municipalità che in qualche maniera restano alla base del forte campanilismo internazionale che tutt'oggi contrappone l'Italia alla Francia. Le armate rivoluzionarie riorganizzate nel 1794 dal Comitato di salute pubblica e in particolare da Lazare Carnot prevedevano assalti alla baionetta, tattiche di penetrazione rapide e offensive facilitate dalla soppressione dei carriaggi con vettovagliamento.

Di fatto il nuovo esercito francese era incitato a predare il territorio nemico per sostentarsi e mantenere la dispendiosa economia di guerra di un esercito costantemente in marcia. Ciò venne applicato alla lettera in Italia e furono diverse le città che sperimentarono sulla propria pelle la nuova tattica predatoria e la brama di bottino dei francesi, tra queste anche Vicenza che all'epoca per l'appunto era inglobata nei territori della Serenissima. Da grande amante del gioco e del rischio (Napoleone contribuì infatti alla diffusione dei casinò e fu un grande appassionato di vingt-un), il generale francese decise di lanciarsi alla conquista del Nord Italia contando sullo strapotere del suo esercito e sul substrato giacobino pronto a sostenere il nuovo Cesare.

Anche a Vicenza come in altre città i sostenitori della Rivoluzione aiutarono infatti l'insediamento dell'esercito napoleonico in città sperando in maggiori concessioni di libertà alla cittadinanza e una ridistribuzione più equa della ricchezza. Si dovettero tuttavia ben presto ricredere in quanto la guerra rivoluzionaria venne pagata a caro prezzo dai vicentini che dal 27 aprile al 19 gennaio del 1798 si ritrovarono con l'invasore intento a rapinare qualsiasi opera di valore in città. Arrivò infatti nelle mani dei francesi il prezioso gioiello di Vicenza, un antico modello in argento della città attribuito al Palladio e conservato nel Santuario della Madonna di Monte Berico. Parrocchie e sedi vescovili venivano depredati con particolare violenza dovuta a lla foga anticlericale dei soldati di Napoleone, a farne particolarmente le spese furono i conventi benedettini. San Felice, dove erano ospitati i frati dell'ordine, venne quasi raso completamente al suolo mentre San Pietro, dove vivevano le monache affiliate all'ordine, venne spogliato di tutte le sue ricchezze.

Non ebbero meno fortuna nemmeno le zone rurali... Oltre 753 quintali di farina, sale, riso e fagioli finirono nelle mani dell'esercito francese insieme a quasi 15.000 quintali di frumento, due milioni di razioni di pane da 800 grammi l'una, 692mila libbre di carne suina, 1500 capi di bestiame tra buoi e vacche e 115 cavalli che servirono a definire l'equipaggiamento di un intero “ésquadron” arrivato a Vicenza appiedato.

Mal equipaggiati, i soldati francesi pretesero dalla municipalità persino 2500 uniformi, 6100 camicie, 3000 cappelli, 528 berrettoni di pelo e 6334 scarpe. Bramosi di ricchezza, anche gli ufficiali non furono da meno e ad esempio il generale Baillard ottenne 25.000 in prestito (naturalmente mai restituite) mentre lo Stato Maggiore della quinta divisione si fece consegnare 30.000 lire (anche queste naturalmente mai ritornate al mittente).

Tuttavia forse ciò che soprattutto indispettì i vicentini, ormai ridotti alla fame e spogliati di ogni ricchezza, fu l'inappagabile sete dei soldati che durante il periodo d'occupazione trangugiarono “a sbafo” oltre 800.000 litri di vino. Una voracità che costrinse le 120 osterie della città a chiudere i battenti lasciando Vicenza a secco. L'esercito del resto marcia "sul suo stomaco o sul suo gozzo", frase attribuita dagli storici allo stesso Napoleone famoso per essere stato un grande genio politico e militare ma anche un grande sfamatore d'eserciti e affamatore di popoli.


Altri articoli