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L’innovazione digitale tra i professionisti del settore giuridico

Il progredire della cultura e un supporto professionale

Le professioni del settore giuridico ed economico hanno raggiunto un alto livello di conoscenza in relazione ai temi digitali e alla necessità, in considerazione delle dinamiche di mercato più recenti, di ricorrere a soluzioni informatiche che permettano di rendere più efficienti i modelli di business e organizzativi. In effetti, la redditività degli studi è migliorata proprio grazie all’avvento delle nuove tecnologie: in più del 50% degli studi nei quali si ritrovano più strumenti digitali caratterizzato da un tasso di innovatività elevato è stato riscontrato un incremento di oltre il 10%.

Un supporto professionale

Se si è alla ricerca di un supporto professionale, magari in abbinamento a un software gestionale efficace, si può fare riferimento a Marco Di Mizio, che si occupa proprio di assistere gli studi legali sul piano tecnologico e dell’innovazione. Chi si rivolge a Di Mizio ha la certezza di essere seguito nell’attivazione delle licenze di cui ha bisogno, per scegliere la versione di Kleos più in linea con le sue esigenze: per altro, si tratta di un software in Cloud, con tutti i vantaggi che la “nuvola” comporta. L’assistenza offerta, poi, permette di diventare operativi da subito.

Tra presente e futuro

Per il prossimo avvenire, uno degli obiettivi più importanti che si dovrebbe raggiungere è quello di favorire una maggior diffusione di un approccio collaborativo, anche basato su una cultura innovativa: il trend, per altro, è già in crescita, ma per il momento riguarda appena un terzo degli studi. Lo dimostra il fatto che le tecnologie più diffuse restano quelle obbligatorie per legge: si pensi, per esempio, alla fatturazione elettronica. Fa ancora fatica a convincere molti professionisti il sito Internet, usato solo nel 38% dei casi, come reso noto dall’Osservatorio Professionisti e Innovazione digitale.

Una cultura in divenire

Ciò vuol dire che, in relazione all’orientamento al mercato, la cultura in questo ambito è ancora in formazione: il che è vero soprattutto nella valutazione delle potenzialità, che molte categorie professionali non sono in grado di percepire, in modo particolare dal punto di vista delle azioni nuove che devono essere attivate. I legali sembrano soffrire in misura significativa la paura del futuro, esprimendo preoccupazioni che riguardano le dotazioni informatiche e la possibilità di ritrovarsi con una mole di lavoro non sufficiente per assicurare la sopravvivenza dello studio nel corso del tempo.

Gli investimenti in ICT

La professione forense è quella che mette in evidenza la percentuale più alta di studi che non hanno compiuto alcun investimento nel settore della Information and Communication Technology: 1 su 20 si è astenuto dal farlo. È ridotta, invece, la percentuale di professionisti che si interessano alla comunicazione, al marketing o al management allo scopo di ampliare e aggiornare la propria formazione andando al di là dei temi giuridici. Tutto questo si può intuire da una ricerca compiuta dall’Osservatorio del Politecnico di Milano che ha voluto mettere in mostra quanto i professionisti siano innovativi, non solo in considerazione dell’uso della tecnologia, ma anche in termini di collaborazione con i clienti e di capacità di andare incontro alle richieste di servizi.

Il terzo stato digitale

L’Osservatorio ha introdotto il concetto di borghesia digitale: una sorta di terzo stato digitale che vanta un’alfabetizzazione superiore rispetto al passato, e che può essendo conscio del valore strategico correlato all’innovazione ancora non si dà da fare abbastanza per fare in modo che lo sviluppo progredisca più rapidamente. Di certo gli obblighi di legge hanno costretto le professioni giuridiche ad aumentare gli investimenti in ICT: si pensi, per esempio, al processo telematico tributario, ma anche alla fattura elettronica, senza dimenticare il GDPR.


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