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Il viaggio in Italia

Viaggio in Italia

Il 3 settembre 1786 Goethe parte da Karlsbad alla volta dell'Italia.

Una partenza improvvisa, nel cuore della notte, sotto falso nome, che viene da molti interpretata come una "fuga". Il poeta si lascia alle spalle l'amore tormentato per la baronessa von Stein, con la quale comunque intratterrà un fitto epistolario, e i molteplici incarichi pubblici che lo distoglievano dall'impegno letterario.

Per ritrovare serenità, dunque, il poeta varca il Brennero con l'intenzione di dar libero sfogo alle proprie inclinazioni fuori da ogni protocollo. Da Verona a Vicenza, quindi a Padova e a Venezia, dove sostò a lungo, poi a Roma, vertice dei suoi interessi, e infine a Napoli e a Palermo in un viaggio che doveva essere di poche settimane e duro invece più di due anni.

A Vicenza sosta dal 19 al 26 settembre 1786. Vi tornerà, brevemente, nel 1790.

Goethe

Goethe, Johann Wolfgang von (Francoforte sul Meno 1749 - Weimar 1832), poeta, drammaturgo, romanziere e scienziato tedesco. Figlio di un funzionario dell'amministrazione imperiale, dal 1765 al 1768 studiò diritto a Lipsia, dove maturò in lui l'interesse per la letteratura e la pittura, e dove conobbe le opere drammatiche di Friedrich Gottlieb Klopstock e Gotthold Ephraim Lessing. La sua prima produzione poetica e drammatica, che risente dell'influenza di questi autori, trasse spunti anche dall'amore per la figlia di un oste, che gli ispirò la commedia pastorale Capriccio d'innamorati (1767). Dello stesso periodo è una tragedia in versi, I complici (1768). Nel 1768, ammalatosi gravemente, fece ritorno a Francoforte e, superata la fase critica della malattia, durante la convalescenza si dedicò a studiare occultismo, astrologia, alchimia. L'amicizia con Susanne von Klettenberg, un'amica della madre, attiva pietista, lo accostò al misticismo religioso. Dal 1770 al 1771 Goethe visse a Strasburgo dove accanto alle discipline giuridiche, coltivò lo studio della musica, dell'arte, dell'anatomia, della chimica.

Prime influenze

A Strasburgo ebbe due incontri che sarebbero stati molto importanti nella sua vita e determinanti per la sua opera letteraria. Il primo fu quello con Friederike Brion, figlia di un pastore protestante, che Goethe amò e che avrebbe fornito il modello per vari suoi personaggi femminili, compreso quello di Margherita nel Faust. Il secondo fu l'incontro con il filosofo e critico letterario Johann Gottfried von Herder con cui strinse amicizia: Herder, fra l'altro, lo portò a sottrarsi all'influenza del classicismo francese, ligio alla concezione aristotelica dell'unità di tempo, di luogo e di azione, cui doveva attenersi la tragedia, e lo introdusse all'opera di Shakespeare, in cui proprio il mancato rispetto delle tradizionali unità contribuisce all'intensità drammatica. Herder, inoltre, indusse Goethe ad approfondire il significato della poesia popolare tedesca e delle forme dell'architettura gotica quali fonti di ispirazione letteraria.
Gli insegnamenti di Herder si tradussero nella tragedia Götz di Berlichingen (1773), che Goethe scrisse a Francoforte, dove era tornato una volta conclusi gli studi giuridici. L'opera, che prende a modello Shakespeare, ha come protagonista un cavaliere del Cinquecento, in rivolta contro l'autorità dell'imperatore e della Chiesa, e anticipa i fremiti libertari che sarebbero stati l'anima del movimento Sturm und Drang, antesignano del romanticismo tedesco.
Quando nel 1771 si trasferì da Strasburgo a Wetzlar, per fare pratica presso il tribunale, Goethe visse una fase d'irrequietezza sentimentale: nel 1774 dedicò a un amore impossibile il romanzo epistolare I dolori del giovane Werther, che ebbe vasta eco non soltanto sullo sviluppo del romanzo tedesco, ma anche nel mondo letterario del tempo (vi si ispirò Ugo Foscolo, quando nel 1798 scrisse la prima versione delle Ultime lettere di Jacopo Ortis); analoghe ispirazioni pervadono i drammi Clavigo (1774) e Stella (1775). Negli stessi anni, Goethe compose numerosi saggi letterari e teologici, varie liriche, e soprattutto la prima versione del Faust, il cosiddetto Urfaust ("Faust originario").

Gli anni di Weimar

Nel 1775 il diciottenne Karl August, duca di Weimar chiese a Goethe di fargli da precettore. Nel primo decennio a Weimar Goethe dimostrò straordinarie capacità di organizzatore e amministratore, rendendo la piccola capitale un vivace centro culturale dove affluirono alcuni fra i migliori ingegni del tempo, tra cui Herder e Christoph Martin Wieland; inoltre si dedicò allo studio di varie scienze (botanica, mineralogia, osteologia, ottica), continuò a elaborare il Faust, compose la prima stesura della Vocazione teatrale di Wilhelm Meister e iniziò la versione in prosa dell'Ifigenia in Tauride, che avrebbe riscritto in versi nel 1787.A Weimar infine ebbe un'appassionata storia d'amore con Charlotte von Stein, moglie di un ufficiale e donna di grande fascino e intelligenza, che gli ispirò liriche e ballate.

Il viaggio in Italia

Tra i diversi motivi che nel 1786 indussero Goethe a partire per l'Italia vi fu il desiderio di allontanarsi dalla corte di Weimar e da Charlotte von Stein, ma soprattutto la brama di trovare nuovi stimoli e di dare nuovi orizzonti alla sua vena poetica, al contatto dell'arte e della cultura italiana, in particolare di quella classica. Dopo aver visitato le città dell'Italia settentrionale, la Sicilia e Napoli, Goethe si stabilì a Roma dove rimase fino al 1788. Si dedicò con fervore a studiare l'arte, l'architettura e la letteratura della Grecia, di Roma e del Rinascimento, che gli suggerirono forme di mirabile equilibrio per esprimere il fremito e la tensione della passione autentica. Di questo incontro resta affascinante testimonianza Il viaggio in Italia, che venne pubblicato molti anni dopo (1816 e 1829). Risalgono al soggiorno italiano e alle sue suggestioni la versione in giambi dell'Ifigenia in Tauride, i drammi Egmont (1788) e Torquato Tasso (1790); le Elegie romane (1789); gli Epigrammi veneziani (1790) e alcune scene del Faust.

Il ritorno a Weimar

Al ritorno a Weimar (1788) Goethe trovò un'atmosfera ostile nei circoli letterari, mentre a corte mal si accettava la sua relazione con Christiane Vulpius, una giovane che nel 1789 gli diede un figlio e che egli avrebbe sposato nel 1806. Malgrado tutto rimase a Weimar, trattenuto da due motivi d'interesse: la direzione del teatro ducale, che tenne dal 1791 al 1813, e la possibilità di perseguire meglio che altrove gli studi scientifici, cui si dedicò con rinnovato ardore. Risalgono a questi anni vari scritti di anatomia comparata (1784), di botanica (1790) e due volumi di ottica (1791 e 1792).
Fu l'amicizia con Friedrich von Schiller a riavvicinare Goethe alla letteratura e dalla loro collaborazione, durata dal 1794 alla morte di Schiller nel 1805, scaturirono numerose composizioni liriche ed epiche, l'idillio in esametri Arminio e Dorotea (1797), il dramma La figlia naturale (1802), la seconda versione del romanzo Gli anni di noviziato di Wilhelm Meister (1796), che avrebbe costituito un modello narrativo per la successiva produzione letteraria tedesca, inaugurando il genere del romanzo di formazione (Vedi Bildungdsroman) e soprattutto, su incoraggiamento di Schiller, la versione definitiva del Faust (la prima parte fu pubblicata nel 1808).

Gli ultimi anni

Dal 1805 e fino alla morte, Goethe visse anni di intensa creatività. I grandi avvenimenti storici della sua epoca - la Rivoluzione francese, che considerò con un certo sospetto vedendovi non tanto l'espressione di un'istanza di libertà quanto lo scoppio incontrollato di forze oscure e disordinate; la fortuna di Napoleone, che ammirava; gli sforzi per l'unificazione della Germania, considerati con indifferenza, se non con ostilità - trovarono in lui un osservatore attento ma non appassionato. Fra gli scritti di questi anni sono il romanzo Le affinità elettive (1809); Gli anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister (1821, riveduto nel 1829); l'autobiografia Dalla mia vita. Poesia e verità (in 4 voll., 1811-1833); una raccolta di liriche, Divano occidentale-orientale (1819), dai toni mistici ed erotici, licenziosi e ambigui; la seconda parte del Faust (pubblicata postuma nel 1832).

Il Faust

In quest'opera, che è il suo indiscusso capolavoro, Goethe riprese il soggetto di una leggenda popolare molto diffusa in Germania e che in Inghilterra era già stata soggetto di una rielaborazione teatrale da parte del poeta elisabettiano Christopher Marlowe. La storia ha come protagonista uno studioso, Johann Faust, che, ormai vecchio, tentato dal demonio Mefistofele, vende la propria anima in cambio di giovinezza, sapienza e potere. Ora Faust, onnipotente, può disporre delle sorti altrui: porta alla follia e alla morte una povera fanciulla, Margherita; poi inizia a diabolica esercitare la sua influenza presso le corti principesche del gran mondo. E benché tutto sembri congiurare alla dannazione di Faust, la pietà divina riconosce il desiderio di bene che è stato all'origine di tanto peccare: la stessa Margherita intercede per Faust, simbolo ormai dell'umanità stessa e del suo cammino verso la redenzione. L'opera, allegoria della vita umana nell'intera gamma delle passioni, delle miserie e dei momenti di grandezza, afferma il diritto e la capacità dell'individuo di voler conoscere il divino e l'umano, la capacità dell'uomo di essere "misura di tutte le cose", e mostra il cammino percorso da Goethe dagli anni inquieti dello Sturm und Drang fino alla compostezza classica delle forme e alla saggezza della maturità. Vedi anche Letteratura tedesca.


Primo Itinerario
Secondo itinerario



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