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L'assalto definitivo alla città: il 10 Giugno

Risoluto a risolvere la difficile situazione e ad uscire dall'immobilità a cui lo costringeva la presenza dell'esercito sardo nel territorio del "quadrilatero", il Feld-Maresciallo Radetzky predispose un piano molto valido ed audace per giungere addosso a Vicenza senza che alcuno lo sospettasse.
Nel giorni 5 e 6, giugno fece uscire da Mantova il grosso della sua Armata, dirigendosi verso l'Adige a Legnago; il 7 giugno ordinò al gen. von Culoz di portarsi da Verona con un forte contingente (si parla di oltre 5.000 uomini) a Sambonifacio, lasciando quella città alquanto sguarnita. Negli stessi giorni fece uscire da Verona e da Mantova altri reparti a cui fece compiere vari spostamenti, con l'ordine di rientrare a Verona. Nel frattempo, con le forze fatte uscire da Mantova, varcato l'Adige si portava a Montagnana, fermandovici, mentre faceva spargere la voce che la spedizione puntava su Padova. Alcune notizie, confuse, giunsero al campo di Carlo Alberto, dove l'incertezza del Consiglio dei Generali era notevole, e non fu presa alcuna decisione; mancò pure un tempestivo collegamento col gen. Durando, a Vicenza, che potesse fornire informazioni sugli spostamenti nemici.

Il Radetzky impartì disposizioni precise il 7 Giugno, disponendo per i movimenti di avvicinamento alla città fra l'8 e il 9, Giugno, per giungere entro questa giornata in prossimità dell'abitato.
L'Armata venne divisa in due Corpi, che furono fatti avanzare per la strada della Riviera Berica fino a Ponte di Barbarano, dove un Corpo d'Armata passò al di là del Bacchiglione e proseguì per Grisignano e Torri di Q. agli ordini del Ten. Maresc. D'Aspre: l'altro C. d'Armata continuò per la strada lungo i Berici, al comando del Ten. Maresc. Wratislaw, con direzione Longare e Debba, di dove si poneva in contatto colla Brigata del gen. von Culoz, che si era portato nei pressi di Brendola. Questa Brigata, formata di reparti scelti, compresi i Cacciatori Tirolesi, doveva salire sulla dorsale berica e, attraversata Arcugnano, avrebbe ricevuti rinforzi, in specie di artiglieri, dalla Brig. Clam del C. d'Armata Wratislaw per la strada della Commenda, col compito di abbattere le difese che fossero state predisposte fino al Santuario.
Mentre le avanguardie della Brigata Culoz si portavano a ridosso di Villa Margherita, durante la notte fra il 9 e il 10 Giugno, le forze dei due Corpi d'Armata. circondavano la città: la Brig. Strasoldo verso porta S. Bortolo, la Brig. Thurn-Taxis verso porta S. Lucia, la Brig. Liechtenstein a porta Padova, la Brig. Wolgemouth nella zona di Casale, la Brig. Clam dalla Rotonda a porta Monte. Il Feld-Maresc. Radetzkv aveva posto la sede del comando generale a Ponte di Barbarano.

Il primo attacco delle avanguardie Brig Culoz avviene alle 3 di notte, occupando senza colpo ferire Castel Rambaldo (Villa Margherita). Nel frattempo il gen. Durando, ispezionando le difese di quel settore, faceva allontanare da M. Bellaguardia i reparti di volontari che lo presidiavano sia per evitare che la posizione venisse facilmente isolata e occupata dal nemico, sia per la scarsità delle forze disponibili alla difesa, da irrobustire preferibilmente sullo sbarramento successivo.
I fucilieri austriaci del Reggimento Reisinger e alcuni pezzi di artiglieria prendono sotto intenso fuoco di cannoni e racchette il fortino del Bellaguardia, che viene incendiato, e poi assaltato; ma è trovato vuoto . La posizione viene subito occupata da altri reparti, e si accosta anche qualche cannone. Ora i difensori dell'Ambellicopoli, che è la linea difensiva successiva, e principale, sono sotto il tiro del fucilieri e dell'artiglieria, mentre il fronte di attacco si allarga al due lati. L'artiglieria romana, dalle posizioni dell'Ambellicopoli, risponde, colpo su colpo.
Alle ore 10 intanto ha inizio, come previsto, l'attacco generale intorno alla città, e per alcune ore è uno scontro violento, specialmente nel settore fra la Rotonda e Porta Monte, con tiri ininterrotti di fucileria e di artiglieria da entrambe le parti. Sotto l'urto della Brig. Clam cedono i difensori della Rotonda che, ritiratisi più in alto, a Villa Valmarana, contrastano tenacemente e bloccano gli attaccanti.
Gli assalti fra porta Padova e porta. S. Lucia vengono eroicamente contrastati con tutte le armi, con perdite gravi da entrambe le parti. Cade ferito a morte il col. Del Grande, che comanda la Legione romana; sul fronte opposto, cadono il col. Reischach, il gen. Thurn-Taxis e il col. Kavanag. A porta S. Bortolo, porta S. Croce e porta Castello gli attacchi sono meno violenti e meno organizzati, e più facilmente respinti. In nessun punto del perimetro urbano il nemico riesce a penetrare in città.


Sull'Ambellicopoli fin alle 3 del pomeriggio la situazione appare ferma, gli attaccanti non si sono mossi, preferendo proseguire con i tiri delle artiglierie, affluite numerose sul fronte d'attacco, che impediscono ai fucilieri del trincerone difensivo di colpire i reparti che si intravedono al di là del breve ripiano posto fra le due linee; d'altra parte l'uscire dalla trincea rappresenta un'incognita, e il Durando aveva vietato simile tentativo. Senonché, resi inquieti dall'immobilità del nemico, e ritenendo necessario e possibile un assalto che riduca al silenzio le artiglierie, i reparti di fucilieri svizzeri, seguiti da reparti della Leg. Gallieno e di volontari, dopo le tre escono d'improvviso al contrattacco, scendendo rapidi la china e risalendo la posizione nemica: ma arrivati ad una certa distanza questa grande massa di uomini (sono quasi duemila), che pure avanzano sparando, sono accolti e in parte travolti dal rapido fuoco dei fucilieri austriaci e specialmente dai Cacciatori del X Battagl. Tirolese.

Le perdite ingenti (cade anche il magg. Gentiloni) costringono i nostri ad arretrare, ma vengono inseguiti nelle trincee dell'Ambellicopoli, e cosi si determina un'avanzata rapida degli austriaci, che si spingono fino al Santuario e al convento, dove si continua a combattere. E nel corso di questo assalto che soldati croati, penetrano nella sala del refettorio sfregiano e lacerano rabbiosamente il famoso quadro di Paolo Veronese.
Anche il nemico aveva avuto molte perdite, fra le quali quella del col. Kopal, comandante del X Cacciatori, i Kaiserjager, soldati di montagna, e del principe di Liechtenstein, colpito a morte da uno Svizzero ferito, all'interno della chiesa.

Dalla parte italiana le perdite maggiori si sono avute nello scontro di sfondamento operato dal nemico sull'Ambellicopoli; numerosi i caduti specialmente della III Legione Romana (col. Gallieno) e del 1 Reggimento Svizzeri. Cade fra gli altri il giovane sottoten. co. Camillo Franco ed è gravemente ferito il ten. col. Cialdini. Un tentativo di arginare il dilagare delle forze nemiche viene operato dal gen. Durando, che personalmente conduce 2 compagnie svizzere a scalare il Monte dalla strada di Gogna, mentre il col. De Latour porta i reparti svizzeri della riserva lungo i portici per bloccare l'invasione, e il magg. Weber con altro reparto svizzero ne rallenta la pressione, sopra Porta Monte. Cosi il ripiegamento avviene in modo abbastanza ordinato, portando in salvo molti feriti e parte dell'artiglieria; nel corso dell'operazione viene ferito il col. D'Azeglio, mentre il giovane volontario co. Luigi da Porto viene colpito a morte nel pressi di porta Monte.


Nel frattempo il X Cacciatori austriaci scende alle spalle del portici raggiungendo e occupando Villa Carcano. E la pressione nemica intorno alla città aumenta di intensità, ma nonostante il continuo bombardamento operato dalle nuove posizioni occupate intorno a Monte Berico, fino alla sera di quella giornata nessun punto della difesa presenta segni di cedimento, e nessun reparto nemico è penetrato all'interno delle mura.

INDICE:
Cronache
Federazione di Vicenza
Un po' di storia - Lo scontro di Sorio
20-21 Maggio - Primo assalto
23-24 Maggio - Battaglia notturna
L'assalto definitivo alla città: il 10 Giugno
Difficili trattative
Considerazioni conclusive
Storie e memorie di una città