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di Mario Michelon

Il 1998 segna una ricorrenza molto importante e significativa per la storia di Vicenza: Il centocinquantesimo anniversario del 1848, cioè della prima guerra del Risorgimento Italiano, in cui Vicenza, che dal 1815 faceva parte del Regno Lombardo-Veneto, cioè di una provincia austriaca, insorse e resistette in armi contro il ripetuto ,assalto dell'esercito dell'impero d'Austria; alla fine, dopo lunga lotta, venne rioccupata, e per l'eroica difesa la bandiera della città venne decorata da Re Vittorio Emanuele Il nel 1866 della prima medaglia d'oro al valore militare.
Un po' di storia - Lo scontro di Sorio
Il 1848 è l'anno in cui quasi tutti i popoli dell'Europa centro-occidentale insorsero per chiedere la Costituzione, cioè il riconoscimento dei diritti civili e politici del cittadini, che nelle monarchie assolute ancora non era concesso. I moti si estesero dalla Francia agli Stati Germanici all'Austria, fino all'Italia, dove peraltro lo "Statuto" era già stato concesso agli inizi di quell'anno in alcuni Stati italiani. Ma la forte presenza nella nostra penisola dell'Impero d'Austria, il cui governo assoluto, guidato dal ministro Metternich, non intendeva accogliere le diffuse aspirazioni liberali del sudditi, costituiva il maggiore ostacolo all'accoglimento di ogni riforma. L'Austria, infatti, controllava, direttamente o indirettamente, una grande parte del territorio italiano.
Perciò in Italia la lotta per la libertà venne a coincidere con la lotta per l'indipendenza dallo straniero, e alle prime insurrezioni di carattere liberale a Vienna e in altre terre dell'Impero, specialmente in Ungheria, si sviluppò progressivamente un moto di rivolta che, da Milano e da Venezia (marzo 1848), si estese alle altre città del Lombardo-Veneto, costringendo le Forze dell'esercito austriaco a ritirarsi, sotto il comando del feldmaresciallo Radetzky, nel "quadrilatero" (Mantova - Legnago - Verona - Peschiera), mentre il Re di Sardegna, Carlo Alberto, varcava a fine marzo il Ticino col suo esercito, per dare man forte al moto insurrezionale. Contemporaneamente, anche da altri Stati italiani iniziava una mobilitazione di eserciti regolari e di volontari, che partivano verso il nord d'Italia, creandosi cosi, di fatto, una Lega italiana per la guerra di liberazione. E siccome fra le forze mobilitate erano anche, numerose, le truppe dello Stato pontificio, la guerra fu detta da qualcuno "guerra santa" o "crociata", e il nome di Papa Pio IX divenne per tutti simbolo e stimolo per lottare per la libertà e l'indipendenza.
Il reparto austriaco, di stanza a Vicenza, se ne andò il 25 marzo, e subito si creò un Comitato Provvisorio per amministrare la città e per provvedere alla difesa, armando la nuova "guardia civica", fatti di volontari e predisponendo misure di sicurezza contro il prevedibile ritorno delle forze imperiali. Vicenza infatti costituiva per le forze ritiratesi nel "quadrilatero" un importante nodo stradale per le comunicazioni con Vienna, che bisognava riprendere e controllare ad ogni costo.
Così il mese di Aprile e parte di Maggio furono impiegati per prevenire ogni sorpresa e per raccogliere ed addestrare quante più forze di volontari possibile. Affluirono nella nostra città molti giovani specialmente universitari, da Schio, da Treviso, da Padova, e da altre città, che furono raggruppati in compagnie, e presero il nome e il simbolo di "Crociati" (Un panno a forma di croce, color rosso, cucito sull'uniforme, che era, in genere, di stoffa, di vario colore, con un cappello piumato, "alla Ernani"). Si distribuivano fucili, o moschetti (tutti ad avancarica) e s'introducevano anche cannoni, forniti in parte dal Comitato di Venezia: cannoni ed obici, ad avancarica, compresi i pezzi da marina, con "anima" liscia, dotati di munizioni varie, dalle "palle" in ferro pieno alle "bombe" esplosive munite di miccia (granate) alle palle "a mitraglia", formate da un ammasso di ferri contenuti in un fragile involucro e destinati a colpire aprendosi in un'ampia rosa di proiettili. Non mancavano "racchette" o razzi, specie per i combattimenti notturni.
Le attività del Comitato erano coordinate dall'avvocato Giampaolo Bonollo, che ne assunse la presidenza: per l'addestramento del giovani volontari ci si avvalse di alcuni veterani, reduci delle guerre napoleoniche (il col. Giacomo Zanellato, il col. M. Antonio Sanfermo, il magg. Bacellieri, ed altri).
Questi giovani, ancora inesperti e poco disciplinati perché spinti da prorompente entusiasmo, ebbero il "battesimo del fuoco" nello scontro avvenuto fra il 7 e l'8 aprile sulle alture fra Gambellara, Sorio e Montebello, in una spedizione contro gli austriaci ritiratisi in Verona, e che facevano qualche puntata verso Vicenza. Si ebbe una buona resistenza al centro dello schieramento, seguita però da una ritirata piuttosto disordinata, sotto la minaccia di un aggiramento dall'alto, e del fuoco delle artiglierie: sul terreno rimasero circa cinquanta combattenti , nella maggior parte trevigiani, quasi tutti studenti.
Le esequie di quei caduti, che ebbero onoranze solenni, furono celebrate nella cattedrale di Vicenza, davanti a larga partecipazione di folla commossa, con l'intervento del Vescovo Mons. Giuseppe Cappellari, anima sensibile di Pastore e fervente patriota, che volle benedire le salme dei caduti, espressione dello spirito di libertà. Il patriottismo di Mons. Cappellari si espresse successivamente anche con queste parole rivolte ai Vicentini: "Noi dobbiamo pregare perché la Causa da voi sostenuta colle armi, la Causa della Nazione sia protetta dal Dio degli eserciti. E però di cuore abbiamo benedetto e benediciamo alle vostre spade, alle vostre bandiere ed a chi corre o si presta in qualunque modo alla difesa della patria...".
Dopo quel primo fatto di guerra, la città, dapprima turbata, si rianima assecondando l'opera del Comitato nell'organizzazione accurata della difesa. L'abitato urbano era ancora protetto dalle mura, abbastanza conservate e munite delle antiche otto porte. Le strutture murarie presentavano possibilità di resistenza di fronte alle artiglierie dell'epoca. Per rafforzare le porte e, in caso di penetrazione del nemico impedirne i movimenti, si alzarono numerose barricate, non solo sulle vie di uscita che dalle porte continuavano nei borghi, ma anche all'interno del perimetro urbano.
Accurate e interessanti le istruzioni del Comitato per le barricate e per la difesa delle case. Gli edifici venivano attrezzati a difesa, non solo con la chiusura degli ingressi (una sola porta era lasciata socchiusa, e vigilata, per consentire il rifugio ai combattenti eventualmente costretti a ripararsi), ma si dovevano provvedere e accumulare nei piani superiori pietre, mattoni, coppi, ferri ed altro materiale, per colpire dall'alto i nemici penetrati all'interno delle vie, e altri accorgimenti di difesa, che impegnavano ugualmente donne, vecchi, ragazzi.
Per tutti i sistemi difensivi e per i criteri di organizzazione della popolazione il Comitato si ispirava anche alle difese adottate dai Milanesi nelle loro "cinque giornate". Davanti alle principali opere difensive, come le barricate più importanti, e su qualche struttura fortificata delle mura vennero collocati cannoni, mentre altre artiglierie vennero sistemate sulle alture circostanti il Santuario di M. Berico, accanto a posti di osservazione per controllare le vie d'accesso alla città,

Nel frattempo, il 16 aprile, il Comitato inviava una Deputazione a Re Carlo Alberto, accampato col suo esercito nel territorio veronese, per sollecitarne l'aiuto, e ne otteneva risposta favorevole, naturalmente in termini vaghi, di disponibilità e di dedizione alla causa italiana. Un'altra delegazione veniva inviata al gen. Giovanni Durando, a Ferrara: questi mandò a Vicenza un primo contingente di rinforzo, tratto dalle forze dell'esercito pontificio e dai volontari Ferraresi.
Un mese dopo, un plebiscito indetto dal Comitato vicentino fra la popolazione, per l'adesione immediata, o rinviata, al Regno di Sardegna, dava risposta favorevole alla prima soluzione (56.388 voti su circa 57.000 votanti). Da quel momento fu esposto dal loggiato della Basilica Palladiana la bandiera tricolore.

INDICE:
Cronache
Federazione di Vicenza
Un po' di storia - Lo scontro di Sorio
20-21 Maggio - Primo assalto
23-24 Maggio - Battaglia notturna
L'assalto definitivo alla città: il 10 Giugno
Difficili trattative
Considerazioni conclusive
Storie e memorie di una città